Nocciole, la nuova frontiera del business

Sulla spinta delle grandi multinazionali alimentari la coltivazione di nocciole invade l'Umbria
Sempre più agricoltori e imprenditori investono nella riconversione dei terreni: dove negli anni Settanta sorgevano distese di cereali, oggi spopolano i noccioleti e soppiantano anche le coltivazioni di tabacco

Quella di Dario Carloni è una storia come tante: suo padre fonda l’azienda agricola Pieve del Castello nel 1976 e nello stesso anno inizia a coltivare e lavorare a mano il tabacco. «Qui facevano tutti così – racconta – era un’attività molto redditizia e andava per la maggiore». Ma con il passare degli anni, l’aumento del costo delle sigarette e la difficoltà di trovare manodopera qualificata, la scelta di chiudere la produzione è diventata necessaria. «Come piccola azienda a conduzione familiare puntavamo sulla qualità – spiega – ma ogni anno diventava sempre più difficile trovare personale disposto a stare per ore nei campi, era un lavoro molto usurante, così siamo stati costretti a chiudere».

La coltura più redditizia – Dopo alcuni anni di seminativi (grano, orzo e mais) Dario ha deciso di tornare a coltivare qualcosa di più stimolante. «Sono sincero – ride – per trovare una soluzione ho cercato su internet le colture più redditizie: a parità di rendimento la nocciola è risultata più conveniente persino del melograno e dello zafferano». Oggi, dei ventiquattro ettari coltivati, ben dieci sono dedicati alle nocciole: il nocchione, la tonda romana, la nocciola Giffoni e la gentile delle langhe. «Sicuramente rispetto al tabacco richiede una mole di lavoro nettamente inferiore – aggiunge – la nocciola è una pianta selvatica che cresce anche da sola in natura, noi ci limitiamo a fare trattamenti fogliari a terra usando pochissimi prodotti, per lo più biologici».

Sono cinque le varietà coltivate in Umbria: il nocchione, la tonda romana, la Giffoni, la gentile delle Langhe e la fertile de Coutard

Un equilibrio fragile – Sebbene la pianta cresca con facilità, le sue fasi di produzione sono molto delicate. Per questo Dario, come tanti agricoltori umbri, si è rivolto al Consorzio Nocciola Italia. «Prima di tutto va fatta un’analisi del terreno per vedere se è idoneo – spiega il presidente Tobia Fiocchetti – anche perché le piante vanno seguite per cinque anni prima di vedere i primi frutti. Il massimo della produzione, se ben gestita, si vede intorno al settimo anno». Il consorzio è l’intermediario principale tra i coltivatori e le grandi industrie dolciarie italiane di prima trasformazione.

Primato mondiale – L’Italia è il secondo produttore al mondo di nocciole (13%). Un gran primato, ma con ampia distanza rispetto alla Turchia, che ne produce il 70%. Il nostro paese però è il primo trasformatore perché l’industria che realizza granelle, creme spalmabili, cioccolate e paste è quasi tutta italiana. Questo ha messo l’Italia di fronte a una scelta obbligata per smettere di importare le nocciole da una nazione politicamente instabile come la Turchia.

Il nocciolo ha una fioritura atipica: in pieno inverno, all’incirca nel mese di gennaio, sui rami spuntano i fiori maschili impollinatori

Il cuore alla nocciola d’Italia – L’Umbria ha il clima e il terreno adatto per avviare la coltivazione ed il consorzio negli ultimi anni si è impegnato per ampliare il numero dei suoi consociati: «Da un lato abbiamo coltivatori diretti che vogliono convertire le loro aziende agrarie per i quali svolgiamo attività di consulenza – racconta – dall’altro grandi imprenditori, commercianti e industriali che investono comprando appezzamenti di terra da coltivare a nocciole. In quel caso noi provvediamo a reperire dei terzisti che si occupano di tutto e portiamo a fine anno il risultato della vendita».  Numeri che oscillano dai 15 quintali di nocciole ad ettaro nei noccioleti più vecchi, alle punte record di 35 quintali nelle zone più fertili. In Umbria la media si assesta sui 30 quintali ad ettaro, venduti alla cifra di 300 euro a quintale. Senza necessità di pesticidi o trattamenti chimici, i coltivatori di nocciole devono investire solo nei concimi e negli impianti di irrigazione. Il resto è incasso.

Autore

Rebecca Pecori

Nata a Roma il 19/02/1994. Diplomata al Liceo classico Torquato Tasso di Roma. Laurea Magistrale in Filosofia morale presso l'università La Sapienza di Roma. Giornalista praticante del XIV Biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.