Sex worker, tra lavoro e sfruttamento: viaggio tra le invisibili

L'associazione Cabiria da 25 anni difende i diritti delle prostitute. Dalla strada al web: quale la situazione e i rischi al giorno d'oggi
Pilati: «La vita di queste donne è sempre molto complessa: la strada è comunque una scelta, ma attenzione allo sfruttamento»

Violenza o autodeterminazione? Sfruttamento o lavoro? Quello intorno alla prostituzione è un dibattito infinito. Anche all’interno del movimento femminista non c’è un’unica posizione. Da un lato il lavoro sessuale viene considerato come una delle tante forme di subordinazione femminile e violenza contro le donne. Dall’altro, c’è chi si concentra esclusivamente sulla libertà di scelta. A occuparsi della questione, in Umbria, è il progetto Free Life, all’interno del quale opera l’Unità di strada Cabiria, da 25 anni attiva per i diritti delle lavoratrici sessuali.

Il sex work – Il termine “sex work” nasce proprio dall’idea che la prostituzione sia un lavoro e fonte di reddito, allontanandosi da implicazioni morali. A coniarlo nel 1980 è Carol Leight, prostituta e attivista statunitense. Un termine che però non può cancellare il pregiudizio e le convinzioni più radicate sul tema. Spesso sono migranti senza documenti o con pendenti richieste di soggiorno.  Nel nostro Paese è influenzata anche dal vuoto normativo – l’unica legge relativa al sesso a pagamento è la legge Merlin (n.1958/75), risalente a oltre 60 anni fa. Un provvedimento che rende legale la prostituzione senza però regolamentarla.

Trasformazioni – Qualcosa però sta cambiando. I Paesi di provenienza delle sex worker non sono più gli stessi degli anni ’90: Nigeria, Ucraina, Russia e i paesi balcanici prima, ora soprattutto da Maghreb e Cina. Il web ha portato molte lavoratrici a cercare clienti online piuttosto che nelle strade. Il Covid ha complicato la situazione. Nelle uscite notturne, in zona Colle Umberto-Umbertide, prima si contavano circa 50 contatti: ultimamente è difficile arrivare a 10. «Non è diminuito il numero delle prostitute, ma molte portano avanti attività in appartamento e online, come risulta evidente anche scorrendo i numerosi siti per incontri a pagamento», spiega Barbara Pilati, coordinatrice dell’Unità di strada Cabiria, che da 25 anni si occupa dei progetti di riduzione del danno e tutela dei diritti. «La situazione delle prostitute può paradossalmente peggiorare – continua – poiché dentro quattro mura sono ancora più in balia di clienti ed eventuali sfruttatori».

L’unità di strada – Cabiria nasce nel 1997 dall’iniziativa di Arci Solidarietà – Ora d’Aria e da allora si occupa principalmente di contatto e interventi in strada. Con un camper e generalmente di notte, le prime operatrici si recavano nelle vie più frequentate della prostituzione, per offrire un the alle donne che aspettavano in strada, e con l’occasione magari provare a scambiare qualche parola e lasciare informazioni utili. Pochi anni dopo, nel 2000, Arci mette in piedi una vera e propria rete che comprende BorgoRete, l’Istituto Crispolti di Todi e l’Associazione ternana San Martino: nasce quindi “Free Life”, che lavora con sex worker donne e migranti.

Gli interventi L’équipe dell’associazione, formata da 5 operatrici, organizza tre uscite notturne al mese nel capoluogo e a una nella provincia di Terni. In strada avviene il contatto. «L’obiettivo – spiega Pilati, tra le fondatrici di Cabiria – è quello di distribuire preservativi e materiale informativo tradotto in varie lingue, il tutto corredato dal numero di telefono dell’associazione, che non è mai cambiato». Vengono poi proposte visite di controllo e assistenza per richieste d’asilo. «Per evitare allontanamenti, durante i contatti in strada non si parla mai di tratta – continua Pilati – Solo più tardi si arriva eventualmente a parlare di sfruttamento e a organizzare piani di sostegno e vie di uscita dove necessario».

Oltre la strada – Per quanto riguarda la prostituzione che avviene tra le mura di casa, si spulciano inserzioni e siti web. I dati vengono poi caricati su un database, che viene continuamente aggiornato. I numeri sugli annunci vengono contattati come avviene in strada: le operatrici offrono aiuto per pratiche mediche e legali. «25 anni di questo lavoro – conclude Pilati – ci hanno insegnato che si può continuare a discutere se il lavoro sessuale sia sfruttamento o autodeterminazione, ma la verità è che la vita reale è molto più complessa». Inevitabilmente le donne in questione provengono da un contesto di scarse di opportunità, ma «sebbene limitata, la loro resta una scelta».

Autore

Teresa Fallavollita

Nata a Perugia il 29/02/1996 e laureata in Scienze Politiche e Storia all'Università degli Studi di Bologna. Giornalista praticante del XVI biennio della Scuola di giornalismo radiotelevisivo di Perugia.