Gabriella ha trentacinque anni e quattro figli. «Quello che mi interessa è trovare un lavoro vero» ci racconta mentre aspetta il suo turno nella sala d’attesa di uno dei Caf di Perugia. «Mio marito lavora in un ristorante e guadagna 500 euro al mese». Attorno a lei nessuna calca. C’è chi spinge un passeggino, chi chiacchiera con l’anziano genitore accompagnato a chiedere notizie della pensione. Come Gabriella, la maggior parte delle persone che incontriamo ci dice la stessa cosa: «Non sono i soldi in sé a interessare, ma la prospettiva di poter trovare un’occupazione che consenta di vivere in modo dignitoso».
La sala d’attesa – Matteo entra al Caf con il suo cagnolino. Ha quarant’anni e una vita di lavori saltuari e precari alle spalle. Per un po’ di tempo pensava di aver trovato la stabilità in una ditta di pulizie che, in un momento di crisi, l’ha poi licenziato. «Diciamo che mi arrangio con piccoli lavoretti. Nulla di serio», racconta. In fila c’è anche uno studente fuori corso. Vorrebbe trovare un lavoro, in attesa di decidere se finirà o meno l’università. Non sa nemmeno se il reddito gli spetti: «Sono venuto per chiedere informazioni, per capirne di più. Mi piacerebbe poter fare la domanda – dice – sarebbe finalmente un’occasione per noi giovani». Come lui, tante persone e tante famiglie, da qualche mese cercano di comprendere se la loro situazione risponda ai requisiti richiesti dal Governo.
Un mondo più fragile – Nonostante le “folle oceaniche” previste dai giornali non si siano palesate, Beatrice Billardello – responsabile del Caf Cisl di Perugia – ci racconta di come «da qualche mese ci si è organizzati per rispondere al picco di richieste». «Molta gente arriva qui spaesata – afferma – abbiamo a che fare con quello che noi definiamo un “mondo più fragile”». Fuori dal suo ufficio alcune persone aspettano di incontrarla, in silenzio e in un clima in cui si percepisce un mix fra riservatezza e vergogna.
Un senso di colpa indotto – La narrazione sul reddito di cittadinanza fatta da una parte dei media e della classe politica ha sicuramente un ruolo. Negli ultimi mesi, i possibili destinatari del sussidio sono stati tacciati di parassitismo, di volere soldi senza lavorare, di sognare “una vita in vacanza”. La maggior parte delle persone che abbiamo incontrato non ha voluto essere ripresa. Molti, uscendo dall’ufficio postale, hanno “ammesso” di aver fatto richiesta per il reddito solo dopo diverse domande, mettendosi sulla difensiva. «Tanta gente entra qui in punta di piedi» ci spiega Rosario Scarfone, responsabile del Labor Caf di Perugia. «Si parte da lontano: chiedono l’Isee e poi magari inoltrano la richiesta online o alle poste». Chiedere un supporto economico, di certo, non è per tutti facile, soprattutto quando ti senti giudicato dagli altri. «Cosa ne penso? Non me lo chiedete neanche! Una misura meramente assistenzialista, sono assolutamente contraria», tuona ad alta voce una signora venuta a svolgere alcune pratiche fiscali.