Un complesso edilizio di quasi 150 anni fa, diventato ormai un emblema di decadenza nel pieno centro urbano, sotto gli occhi di turisti e abitanti, che da tempo sperano in una svolta. Abbandonato dal lontano 2006, con la costruzione dell’attuale casa circondariale di Capanne, il carcere giudiziario di piazza Partigiani sarà finalmente protagonista di un’opera di rigenerazione strutturale e si trasformerà in una cittadella giudiziaria. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, dopo aver visitato il complesso lo scorso 3 ottobre, si è detto «entusiasta di questo progetto eccellente», annunciando l’inizio imminente dei lavori, che dovrebbero concludersi tra il 2026 e il 2027 per poter rientrare nei termini fissati dal Pnrr.
La mente dietro al progetto – Il futuro della cittadella è nella matita di Mario Botta, oggi 80enne con 60 anni di carriera alle spalle, ispirato dal Movimento Moderno di Le Corbusier e del Bauhaus. È nato e cresciuto nel canton Ticino degli illustri Borromini e Carlo Maderno, in una terra di laghi e di montagne, che ha da sempre stimolato lo sviluppo dell’arte del costruire. Dal MOMA di San Francisco alla Galleria d’Arte Watari-um a Tokyo, fino al Nuovo Casinò di Campione in Svizzera e alla recente torre del Teatro alla Scala, le opere di Botta hanno riscosso successo in tutto il mondo, rendendolo un’«archistar».
È stata la prima volta in cui ha dovuto elaborare una struttura di questo tipo?
«Sì, è stata la prima volta. Con una connotazione particolare perché si tratta di un riutilizzo di alcune strutture che erano nate per una funzione opposta a quella che dovrebbero assumere oggi. Gli edifici, purtroppo, invecchiano rapidamente. Nell’arco di mezzo secolo sono già in parte obsoleti, ma la città deve continuare a vivere. Restituire vita al centro di Perugia, all’interno di un contesto rimasto arretrato nelle sue funzioni, è il tema di questo progetto e anche un tema di grande attualità».
Cosa c’è stato dietro alla sua scelta di incaricarsi di questo progetto?
«Dopo una visita a Perugia ho scoperto quanto questo lavoro poteva essere interessante per me e, soprattutto, per la città. È un insieme carcerario, abbandonato da quasi vent’anni, che deve rinascere e possiede delle risorse, degli spazi e dei volumi che, secondo me, si prestano a soddisfare benissimo le nuove esigenze».
A che punto siamo con l’iter progettuale?
«Siamo ancora a un punto di partenza. Lo studio preliminare è stato consegnato ed esiste un crono-programma realizzato da parte del Demanio, che prevede l’assegnazione dell’appalto entro aprile 2024. Adesso saranno necessari dei concorsi per stabilire l’importo e fare in modo che questa idea prenda forma».
Oltre alla sua funzionalità, questa costruzione avrà anche un suo ruolo metaforico?
«L’architettura deve sempre trasmettere un significato metaforico, oltre a quello tecnico, e anche in questo caso è presente. Istituti di pena e di reclusione, come le carceri, stanno per essere restituiti a nuova vita. Saranno luoghi accessibili agli utenti, che arriveranno per assistere ai processi e per cercare giustizia, ma ci saranno anche un ristorante, dei bar e una sala di lettura. Non si tratterà più di un luogo di reclusione, ma diventerà un centro della città aperto e poli-funzionale, dove poter vivere gli eventi durante tutte le stagioni».
Alcune opere di Mario Botta nel mondo