Carceri nel limbo del covid, il garante: a rischio il valore rieducativo della pena

Stefano Anastasia: bene le attività e i colloqui via web, ma spesso la tecnologia non basta
Tre focolai di coronavirus nelle carceri umbre. Un morto a Terni. A febbraio contagi anche a Orvieto

Niente visite, niente attività di formazione o volontariato: nonostante i colloqui online e la lotta al sovraffollamento, a marzo 2020 molti detenuti hanno protestato contro le misure dell’amministrazione penitenziaria. Ma è a novembre che il virus ha colpito più duramente le carceri umbre: a Terni un detenuto è morto di Covid.

Marzo: mancanze e successi – Dopo alcuni giorni di spaesamento è partito coordinamento dell’amministrazione penitenziaria con i direttori degli istituti: «All’inizio mancavano i tamponi – precisa il professor Stefano Anastasia, garante per l’Umbria dei diritti delle persone private della libertà personale – ma negli istituti del centro Italia non ci sono stati focolai importanti nel corso della prima ondata».

Il peggio arriva a novembre – Diversa la situazione dopo l’estate. A novembre, a Terni, 75 detenuti si sono ammalati di Covid. Uno di loro è morto. Altrove il bilancio non è stato così pesante: pochissimi casi a Spoleto (2) e pochi a Perugia (16), anche fra il personale di custodia.

Febbraio: colpita anche Orvieto – La casa di reclusione di Orvieto era scampata al contagio fino al 21 febbraio, quando uno screening su tutta la popolazione carceraria ha individuato 4 positivi fra i detenuti e 8 fra gli agenti di custodia. Positivo anche il medico che presta servizio nella struttura.

Scarcerazioni – «Il governo ha avvertito necessità di alleggerire la pressione sugli istituti di pena – spiega il garante Anastasia – ma le soluzioni proposte a marzo non sono state decisive: perché spesso farraginose. Si è preferito adottare le misure previste dalla normativa ordinaria, scarcerando anche i detenuti già malati». Così, limitando anche la carcerazione preventiva, i tribunali hanno permesso di decongestionare tre delle quattro carceri umbre.

«Come in una struttura sanitaria» – «Abbiamo dovuto organizzare degli “spazi filtro” – spiega Angela Venezia, dirigente del provveditorato dell’amministrazione penitenziaria di Toscana e Umbria – per impedire che il Covid si diffondesse nelle sezioni ordinarie». Sono stati creati speciali reparti per la quarantena dei detenuti in ingresso e di chi presentasse sintomi sospetti. «Se il detenuto è positivo al tampone resta nella sezione speciale, seguito da un’équipe medica e di sorveglianza, con mascherina, guanti, tuta e visiera, proprio come negli ospedali».

Tagliati dentro – Anche familiari e avvocati rappresentavano un rischio per la diffusione del virus in carcere, e nella prima fase dell’emergenza tutti i colloqui sono stati sospesi. I detenuti hanno risposto con proteste dure, che in Umbria però non sono degenerate in rivolte, «merito anche del personale di sorveglianza – ribatte Venezia – che ha contribuito a smorzare le preoccupazioni dei detenuti».

Un carcere più telematico – Un aiuto è venuto anche dalla tecnologia: 1600 smartphone e tablet sono stati distribuiti negli istituti di pena. Dalle sale riservate ai colloqui, spesso deserte, sono partite le prime videochiamate ai familiari, alla presenza di un agente che avvia la chiamata e identifica l’interlocutore, con cui il detenuto chiede di parlare. Dall’estate sono ripresi anche i colloqui in presenza, ma molti detenuti nelle carceri umbre, spesso originari di altre regioni, preferiscono ancora la modalità telematica. Hanno paura che i familiari possano contagiarsi durante.

Non basta la DAD – Interrotte anche le visite di professori e volontari. A Spoleto, per esempio, i detenuti partecipavano a un laboratorio di teatro, sospeso da ormai un anno. Procede a ritmo ridotto anche la Didattica a distanza: «ci sono poche postazioni, così rischia di venir meno il valore rieducativo della pena, sancito dall’articolo 27 della Costituzione», chiosa Anastasia . Una svolta si avrà con l’immunità di gregge grazie ai vaccini, la cui somministrazione parte in queste settimane. Sottolinea ancora il garante: «La vita comunitaria e le condizioni igieniche non ideali richiedono un’azione urgente».

Autore

Marco Moroni

Nato ad Ancona il 25 febbraio 1996. Sono laureato in filosofia all'Università degli studi di Macerata, con un percorso di doppio diploma con l'Institut Catholique de Toulouse (Francia). Giornalista praticante del XV biennio della Scuola di giornalismo radiotelevisivo di Perugia.