Covid, i misteri del caso Ribecco

In carcere, con l'accusa di fare parte della 'ndrangheta, Antonio Ribecco muore di Covid il 9 aprile a Voghera, in attesa del processo di primo grado. Le accuse dei familiari
I responsabili del carcere sostenevano di aver fatto il possibile e di aver avvisato la famiglia, che invece nega. Lio, garante regionale delle persone private della libertà: "prendo atto". De Robert, componente del collegio nazionale: "scarsa attenzione per i diritti dei carcerati".

«Mio padre non è stato processato, è stato giustiziato». Non usa mezzi termini Domenico, figlio di Antonio Ribecco, piccolo imprenditore calabrese trasferitosi a Perugia anni fa, deceduto per Covid ad aprile, mentre era in custodia cautelare nel carcere di Voghera. È il primo detenuto morto di coronavirus in Italia. Dopo la morte, i familiari di Ribecco hanno sporto denuncia al Tribunale di Pavia. Il 3 giugno 2020 Roberto Giachetti, deputato di Italia Viva, ha presentato un’interrogazione parlamentare sul caso. Ancora oggi, però, troppi punti rimangono da chiarire.

La vicenda – Antonio Ribecco viene arrestato il 12 dicembre 2019 nell’ambito dell’operazione “Infectio” della Procura di Catanzaro. É accusato di essere un referente della ‘ndrangheta in Umbria. Viene subito trasferito in custodia cautelare nel carcere di Voghera. I primi di marzo lamenta sintomi influenzali. Secondo quanto riferito dai familiari, chiede di essere visitato, ma la richiesta viene respinta. Al telefono, il detenuto dice al figlio di aver inviato una lettera, mai arrivata, in cui denuncia la situazione. Il 16 marzo Ribecco scrive: «Sono 15 giorni che sono influenzato, ho avuto febbre alta. Qui quando ti senti male neanche ti guardano, comunque adesso mi faccio controllare». Il giorno dopo viene portato all’ospedale San Paolo di Milano, dove risulta positivo al Covid. Il 21 marzo è ricoverato in terapia intensiva. Muore il 9 aprile.

Cosa non torna – Le accuse di Domenico Ribecco sono pesanti. «Abbiamo letto sul giornale che c’era un caso di Covid a Voghera. Che fosse mio padre lo abbiamo saputo dai parenti di un altro detenuto». Non solo: «Non siamo stati avvisati al momento del ricovero né quando è stato trasferito in terapia intensiva. E neanche al momento del decesso. Il carcere ci ha chiamato solo 3 ore dopo». Antonio Ribecco, incensurato, era in custodia cautelare, in attesa del processo di primo grado. Il figlio Domenico recrimina anche sulla scelta dell’istituto: «A Spoleto e Terni c’era posto, ma l’hanno mandato a Voghera, a 500 chilometri da casa. Tra l’altro, mia sorella è non vedente e quindi i viaggi lunghi sono per noi difficoltosi». Abbiamo contattato i vertici del carcere di Voghera e del San Paolo di Milano, per una verifica, ma entrambi hanno preferito non rispondere.

La versione del garante della Lombardia – La direzione penitenziaria aveva però risposto il 30 aprile scorso al garante dei detenuti della Lombardia, Carlo Lio. Interpellato da Quattrocolonne, Lio chiarisce di esser stato informato «che il detenuto era stato visitato e seguito dai sanitari con immediatezza, così come la famiglia era stata puntualmente avvisata dagli operatori per quanto di competenza». Versione opposta a quella dei familiari, di cui Lio ammette di aver potuto solo prendere atto, non avendo poteri di indagine o ispettivi. (Il garante può però accedere alle carceri senza autorizzazione e chiedere documenti o atti NdR).

La censura del garante nazionale – Il Collegio del garante nazionale delle persone private della libertà, tramite la sua componente Daniela De Robert, dichiara invece di aver chiesto informazioni al carcere di Voghera e successivamente di aver rilevato e censurato alcune mancanze. Nello specifico, spiega De Robert, «la scarsa attenzione riservata al diritto della famiglia Ribecco di ricevere informazioni tempestive e complete». L’unica certezza è che da dieci mesi troppi dubbi rimangono su controlli, cure o comunicazioni fornite dai responsabili del carcere di Voghera.

Autore

Gianluca Carini

Nato a Palermo il 13/12/1992. Laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Milano. Giornalista praticante del XV biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.