Agricoltura e allevamento, dopo il terremoto la Valnerina torna indietro di 20 anni

Calo della produzione e crollo delle vendite dirette: la difficile ripartenza dopo il sisma
I turisti mancano da due anni e non si intravede una inversione di tendenza. In crisi anche l'allevamento: l'allarme dei pastori sulle aggressioni dei lupi al bestiame

La notte scende presto nella parte alta di Preci. L’unica luce è il riflesso della luna sulla neve. L’unico rumore è il fruscio del vento tra gli alberi. Tutt’intorno il parco dei monti Sibillini, per chilometri e chilometri. Il freddo è pungente, le minime possono scendere fino a meno 24. Siamo a 1200 metri. Dentro un container dai muri sottili vive un uomo, un pastore che non vuole rivelare il suo nome, un terremotato con una casa inagibile, classe E.  Questa casa sta proprio lì di fianco, deve essere solo buttata giù. Sono 2 anni che è in una sistemazione provvisoria, un lungo e stretto e corridoio. La sua azienda di allevamento delle pecore e della produzione alimentare ha risentito pesantemente del sisma.

jmLa crisi dell’agricoltura – «Abbiamo le pecore, produciamo farro, lenticchie, cibo biologico e formaggio» ci racconta il pastore «Quando c’è stato il terremoto sono morti diversi capi di bestiame, tra cui un montone selezionato, che era costato tanti sacrifici. È stato un danno enorme, non ho potuto fare nè l’abbacchiatura nè il formaggio». Dopo il sisma gli aiuti sono stati immediati, soprattutto grazie al supporto dell’associazionismo, ma oggi, calata l’attenzione mediatica sulle zone terremotate, la situazione è diversa. «La vera emergenza viene adesso. Ci vorranno almeno 25-30 anni per tornare ad una situazione decente» continua il pastore.  Nei giorni successivi al terremoto tantissime persone hanno comprato prodotti locali in segno di solidarietà, tra questi tutti i soccorritori e gli uomini della Protezione Civile che si trovavano sul posto. Questo ha portato ad una situazione apparentemente paradossale: «Tra 2016 e 2017 ci sono stati picchi negativi per l’economia del posto» spiega Stefano Mosconi, referente della Confindustria di Norcia «ma questo dato rischia di essere fuorviante, perché dopo, una volta spente le luci dei riflettori, c’è stato il crollo totale».Era in effetti un fuoco di paglia. Due anni dopo il terremoto, secondo gli ultimi dati ISTAT analizzati da Coldiretti, nell’ottobre scorso il valore delle produzioni agricole dell’Umbria è calato di 260 milioni di euro, più di tutte le altre zone colpite, Più del Lazio, che è arretrato di 175 milioni, e più delle Marche che hanno perso 140 milioni. Il PIL agricolo arriva a picchi negativi del -13% nella nostra regione, contro una media del -6% nelle Marche.

L’economia della Valnerina –si basa sull’agricoltura e sulla pastorizia: per gli animali il terremoto è stato uno stress terribile. Quelli che non sono morti, sono stati spostati più volte, magari in stalle non agibili, e questo ha avuto delle conseguenze sulla produzione, soprattutto quella del latte la cui produzione è ridotta del 20% rispetto al 2015.Il vero problema però è un altro, come conferma Stefano Mosconi: «Alcuni agricoltori e alcuni pastori hanno chiuso le loro attività. Abbiamo prodotto meno, ma abbiamo prodotto. Il vero problema è che son diminuiti i turisti». Meno turisti vuol dire meno clienti, e meno clienti vuol dire meno vendite dirette e meno vendite agli agriturismi.  Sempre secondo i dati Coldiretti, nei paesi terremotati le vendite di prodotti agricoli o d’allevamento sono calati del 70%. Norcia, Preci e dintorni fanno parte di un’economia integrata proprio grazie al turismo. Se una o più realtà sono in difficoltà, è tutto il sistema ad essere in difficoltà.

Il problema dei lupi – Come se non bastasse, molti agricoltori lamentano la presenza di animali, soprattutto lupi, che attaccano il bestiame. I pastori che vivono a due passi dal parco dei monti sibillini, raccontano: «Lupi ne abbiamo visti, ma nel tempo abbiamo preso delle misure, un anno ammazzarono 25 pecore in una notte. Una volta il gregge è stato attaccato addirittura da un orso. Noi abbiamo messo dei cani per risolvere il problema». Anche se i dati non si discostano particolarmente dal passato, la sensazione degli allevatori è che le aggressioni siano aumentate di molto. Mosconi di Confagricoltura lo spiega così: «Il problema è l’eccesso di burocrazia. Se un lupo mangia un animale del tuo gregge, devi fare la segnalazione all’ASL, pagare lo smaltimento della carcassa e dopo fare richiesta per ottenere il rimborso. I tempi sono molto lunghi, oggi stanno rimborsando addirittura gli attacchi del 2014». Questo significa che per Confagricoltura le aggressioni ci sono, ma non sono segnalate e quindi non risultano nelle statistiche. Secondo Carlo Bifulco, direttore del parco dei Monti Sibillini, la popolazione di lupi è costante nel tempo: «Nel parco e nei dintorni ce ne sono circa 60-70 esemplari. Gli attacchi dipendono spesso da allevatori che non curano adeguatamente il loro bestiame».

Vivere e lavorare qui non è per niente facile. Quasi tutte le persone che ho incontrato mi hanno raccontato che le Istituzioni si sono mosse abbastanza velocemente subito dopo il sisma. Oggi queste terre sembrano però abbandonate, tra un’economia che non riparte e i lupi sempre più vicini agli allevamenti. Sulla Valnerina la notte scende presto, ma potrebbe durare a lungo.

Autore

Aldo Gironda Veraldi

Nato a Catanzaro il 29/02/1996. Laureato in Scienze Politiche presso l'Università della Calabria. Giornalista praticante del XIV biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.