Gli inizi – Un giorno, stufi dell’estenuante burocrazia italiana e delle difficoltà, si sono incontrati per formare i Vignaioli Resistenti Umbri.
Lo stesso modo di pensare il vino e la terra, lo stesso amore per il territorio umbro: nelle loro produzioni, niente diserbanti o additivi di alcun tipo, nulla che possa minimamente alterare l’espressione pura dell’uva che coltivano.
La condivisione – L’associazione difende strenuamente il sistema produttivo artigianale del vino nel rispetto della natura, del lavoro e della tipicità del territorio umbro. Nessun fine commerciale, solo il piacere e la voglia di condividere saperi, informazioni ma anche gli stessi, costosi, macchinari che cantine così piccole non potrebbero altrimenti permettersi. Etichettatrici, gabbie del vino, botti. I vignaioli si supportano anche in questo, una forma di sharing economy (economia collaborativa) che funziona e che in Italia sta vedendo una crescita che fa ben sperare.
Una speranza-In un panorama, quello umbro, che vede fallire un numero sempre maggiore di piccole aziende agricole (o che, nel migliore dei casi, vengono acquistate da multinazionali che dettano leggi e mode) i nove vignaioli resistenti hanno avuto il coraggio di scegliere una via diversa. “Nel mare magnum della produzione di vino, abbiamo creato una realtà diversa. Un progetto comune. E il bello è proprio che tutto quel che facciamo, lo facciamo insieme”, dice Clelia Cini, che insieme al fratello Riccardo gestisce l’azienda agricola Casa dei Cini.
Insomma, con idee e forza di volontà, potrebbe essere ancora possibile ritornare a scoprire valori e origini, legami ed esperienze. E proteggere e promuovere il proprio territorio.