Dagli Stati Uniti all’Umbria: il fenomeno Land Art

L'intervista all'esperto di land art Michele Dantini, professore dell'Università per Stranieri di Perugia
"Una sensibilità ambientalistica nasce nei primi anni '70" attraverso la "collaborazione con l'amministrazione pubblica in cui l'artista riqualifica una zona degradata, possono essere ex miniere, cave abbandonate in piena città, contesti antropizzati o ex discariche"

La land art o earth art è una forma di arte contemporanea che si caratterizza per l’intervento diretto dell’artista sul territorio naturale. È nata tra il 1967 e il 1968 negli Stati Uniti. Si sviluppa anche negli spazi come deserti, laghi, praterie e mari. Gli artisti impiegano come materiali specifici dell’opera lo spazio e gli elementi naturali come rocce, cristalli di sale e sabbia. In alcuni casi queste opere sono state utilizzate per esprimere idee di politica come le opere al confine tra Polonia e Ungheria. L’intervista a Michele Dantini professore dell’Università per Stranieri di Perugia ed esperto internazionale di land art.

Quali opere ritiene di citare in Umbria? «In Umbria ci possono essere grandi sculture come Beverly Pepper (scultrice e pittrice statunitense). Si tratta di occupare uno spazio con un’opera ambientale. Alberto Burri, artista e pittore, a Gibellina ha fatto un cretto. Il cretto di Gibellina è un chiaro tentativo di risposta all’arte americana degli anni ’60. Si collega a un concetto di sostenibilità ambientale».

Cos’è la land art? – «Si inizia a parlare di earthwork tra il 1967 e il 1968 quando iniziano a apparire negli Stati Uniti dei lavori di rimozione della terra in ambienti rurali. Quando gli artisti fanno gli sterri (scavi) vogliono fare un’arte brutale. La land art nasce del tutto al di fuori di una agenda ecologista ma con una logica brutalistica. Di lì a poco questi scavi si fanno in contesti urbani ad esempio Hyde Park a Londra». Nel «lago salato dello Utah Smithson Robert, (scultore e pittore statunitense) sceglie di fare un’opera visibile dall’alto, dallo spazio. Quel sito che lui sceglie è un sito diseredato, una ex miniera. Si scelgono deserti e territori oggetto di spoliazione. C’è rifiuto della società capitalistica». «Una sensibilità ambientalistica nasce nei primi anni ’70» attraverso la «collaborazione con l’amministrazione pubblica in cui l’artista riqualifica una zona degradata, possono essere ex miniere, cave abbandonate in piena città, contesti antropizzati o ex discariche… è una land art che cura di non distruggere la natura». «Artisti come Josef Pewi iniziano a fare lavori dell’inquinamento e riforestazione dello spazio urbano. Qui riaffiora il mito romantico della grande natura. Questa curvatura in senso femminista o ecologista nasce nei primi anni ’60. Non c’è più una monumentalizzazione dell’opera dell’artista».

Qual è il messaggio che vuole comunicare? «La prima (earth art)» comunicava «ribellione, l’artista da giovane, ribelle, selvaggio, autonomo. Dopo i primi anni ’70» contribuisce «a politiche urbane diffuse oppure nel caso di artiste femministe» a «un’arte body responsible. Opere di rispetto dell’altro, di atteggiamenti anti imperialistici».

Autore

Cristiano Conti Papuzza

Nato a Roma il 15/06/1996. Laureato in Giurisprudenza all'Università degli Studi "Roma Tre". Giornalista praticante del XVI biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.