Carceri umbre, Antigone: «Pesano sovraffollamento e carenza di medici»

La regione nella media italiana ma Terni, Orvieto e Spoleto hanno raggiunto o superato la capienza massima. Mancano gli psichiatri e moltissimi detenuti fanno uso di psicofarmaci
La volontaria Simona Materia: «Celle troppo piene ostacolano il reinserimento in società. Così il carcere non può assolvere alla sua funzione rieducativa»

Sovraffollamento e mancanza di personale sanitario. Anche l’Umbria deve affrontare i due grossi problemi del carcere italiano, «nonostante le migliori condizioni strutturali». A parlarci è Simona Materia, volontaria di “Antigone”, l’associazione italiana che da anni lotta per i diritti dei detenuti, cercando di costruire un carcere più giusto.
Sul territorio regionale ci sono quattro strutture che ospitano complessivamente 1500 detenuti: a Perugia e Terni due case circondariali, a Orvieto e Spoleto due case di reclusione. Terni e Spoleto hanno poi delle sezioni destinate al 41-bis.

Mancanza di cure – La salute fisica e mentale dei detenuti è il grande problema delle carceri italiane. L’Umbria non fa eccezione. «Da quando, con la riforma del 2010, la sanità penitenziaria è passata dal Ministero della Giustizia a quello della Sanità la situazione è peggiorata», spiega Materia. Prima, i medici e gli infermieri che lavoravano negli istituti penitenziari potevano contemporaneamente essere impiegati in ospedali e in ambulatori. Il nuovo provvedimento non prevedeva invece contratti plurimi e quindi il personale sanitario fu costretto a scegliere. Molti medici lasciarono il carcere definitivamente, creando un vuoto mai più riempito. «La carenza di personale medico – aggiunge la volontaria – in Italia è generale, ancor più grave poi negli istituti di pena». Luoghi dove, stando ai report di Antigone relativi all’Umbria, è urgente il bisogno di cure, specialmente psichiatriche: un’emergenza sentita in tutta la regione. Eppure solo il carcere di Spoleto ha un reparto speciale di osservazione psichiatrica. Nella casa di reclusione di Orvieto invece – secondo i dati raccolti da Antigone ad aprile – su 106 persone detenute, 80 facevano uso di sedativi, nonostante nessuna avesse una diagnosi di disturbi psichiatrici gravi.

«In carcere – denuncia Materia – c’è un abuso di psicofarmaci. Questi medicinali vengono usati forse più per rendere tranquillo chi è dentro, piuttosto che prepararlo a quello che sarà fuori».
E i medici? Troppo pochi: nel carcere di Perugia gli psichiatri sono presenti solo per 4 ore settimanali ogni 100 detenuti. La media nazionale, sempre secondo Antigone, è più del doppio.

Posti pieni – Il sovraffollamento è l’altra grande crepa di quel grande edificio che è il carcere nel nostro Paese. Dei quattro istituti umbri, tre hanno raggiunto o superato la capienza massima: tutti tranne quello di Perugia. Nel carcere di Terni, ad oggi il più sovraffollato della regione, ci sono 523 detenuti in 422 posti. Qui, a settembre, c’è stato l’ennesimo suicidio: a togliersi la vita un ragazzo di 28 anni. Nel 2023, inoltre, sono scoppiate diverse risse tra detenuti e sono stati bruciati materassi all’interno delle celle, sia a Terni che a Perugia.

Un problema quindi esiste e non riguarda solo la vita dentro, ma anche il futuro: «Il sovraffollamento – ci spiega la volontaria di Antigone – crea problemi al reinserimento perché, se non si riesce a vivere dignitosamente e a svolgere le attività rieducative, il carcere diventa solo un luogo dove far sostare i detenuti in attesa che escano. E poi?».
A Terni c’è un educatore ogni 105 detenuti: un dato che dimostra chiaramente l’impossibilità, per un sistema in queste condizioni, di assolvere alla sua più importante funzione, quella della riabilitazione e del reinserimento sociale.


Autore

Erika Sità

Nata a Soverato, in Calabria, il 07/08/1997, e laureata in Scienze filosofiche all'Università di Bologna. Giornalista praticante del XVI biennio della Scuola di giornalismo radiotelevisivo di Perugia.