Quando la squadra diventa famiglia: così le Fere hanno salvato Deborah Salvatori Rinaldi

La giocatrice della Ternana Women, costretta a fermarsi per un tumore: la società le ha comunque rinnovato il contratto
Da attaccante a responsabile della comunicazione: «Stare fuori dal campo per me è autolesionismo, ma cerco di godermi ogni giorno insieme alle mie compagne»

«Riesco a stringere le mani di queste ragazze e sono felice perché ancora non le devo lasciare». A raccontarlo, piena di emozione, è Deborah Salvatori Rinaldi. 32 anni, calciatrice della Ternana Calcio Femminile, è reduce da un intervento importante. Le ragazze sono le sue compagne di squadra. Dopo la scoperta di una malattia che la tiene ancora fuori dal campo, ma non dalla squadra, la società le ha comunque rinnovato il contratto.

Doversi fermare – La sua carriera da attaccante inizia a 13 anni. Indossa maglie eccellenti come quelle di Milan, Fiorentina e Espanyol. Il 20 febbraio scorso scopre di avere un tumore maligno nei seni paranasali ed è costretta a fermarsi. A marzo viene operata: l’intervento riesce, ma la ripresa è lunga. La Ternana però non l’abbandona: il giorno dopo la scoperta della malattia aveva già pronto il rinnovo del suo contratto. «Questa grande famiglia mi è stata vicino, la squadra qui ha davvero un valore», ci racconta con la voce rotta: «insieme alle compagne ho compreso il valore del tempo».

Voler continuare – Oggi Deborah è responsabile dell’immagine e della comunicazione del club delle Fere. “Giocare” in questo nuovo ruolo le piace: nelle sue parole c’è la nostalgia di una sportiva costretta a fermarsi, ma anche la forza di una ragazza piena di voglia di andare avanti: «Stare da questa parte e non in campo è difficile – confessa – quasi autolesionistico, ma proprio perché non sappiamo mai cosa ci aspetta cerco di godermi ogni giorno, stando insieme alle mie compagne».

Vivere di calcio – La Ternana femminile attualmente è prima in classifica nel campionato di Serie B: l’obiettivo è ovviamente quello della massima serie e non solo per questioni sportive. In Italia il calcio femminile è riconosciuto a livello professionistico solo dal 2022 e solamente per la Serie A. Professionismo significa salario minimo, contributi previdenziali, pensione, tutele mediche per infortuni e maternità. Tutte cose a cui, per il momento, le calciatrici delle altre categorie non hanno diritto. «Nel mondo del calcio femminile – spiega Deborah – tutte le ragazze hanno un piano B, io stessa ho deciso comunque di laurearmi e molte continuano a lavorare mentre giocano». Per il futuro spera che il traguardo raggiunto dalla Serie A femminile arrivi per tutte le giocatrici: «Già da quest’anno il contratto di Serie B è cambiato, diventando una sorta di semi-professionistico, mi auguro si vada ancora avanti perché ne abbiamo veramente bisogno».

Autore

Erika Sità

Nata a Soverato, in Calabria, il 07/08/1997, e laureata in Scienze filosofiche all'Università di Bologna. Giornalista praticante del XVI biennio della Scuola di giornalismo radiotelevisivo di Perugia.