«Da qui a 5 anni potremmo essere tutti senza lavoro», ci dice sorridendo il professore di copyright e data protection alla IULM di Milano, Vincenzo Tiani. Il motivo è – naturalmente – l’intelligenza artificiale. Il tema è caldo: solo 3 settimane fa, 8 premier europei hanno scritto una lettera alle grandi aziende del settore per chiedere di rallentare lo sviluppo dei software e, qualche giorno dopo, il Garante della privacy italiano ha bloccato il celebre programma «ChatGPT», colpevole di aver raccolto i dati degli utenti senza consenso per addestrare il proprio “cervello artificiale”. In Europa, la questione è più che mai discussa. Anche per questo, le intelligenze artificiali e i rischi nel mondo dell’informazione sono stati oggi i primi protagonisti della nuova edizione del «Festival internazionale del giornalismo» di Perugia.
Una questione di “Hype” – «A lungo termine, anche il panico sull’intelligenza artificiale comincia a essere una pubblicità: ma chi avvantaggia l’hype?». A chiederselo è Carola Frediani, giornalista esperta di hacking e cybercrimine, in una gremita sala dell’Hotel Brufani di Perugia. Per capire, bisogna fare un passo indietro: con «hype» gli esperti di marketing indicano una strategia volta a creare aspettativa nel pubblico, “gonfiando” il prodotto da vendere. In altre parole, secondo l’esperta, il dibattito attorno all’intelligenza artificiale non fa che avvantaggiare le grandi aziende del settore. Solo un mese fa Elon Musk, altri grandi imprenditori e molti ricercatori hanno lanciato l’allarme: bisogna rallentare la corsa dell’A.I. «C’è ambiguità in questa lettera: emerge una visione a lungo termine in cui ci si preoccupa della visione futura e non dei problemi attuali. Ci si concentra poco – conclude Frediani – sul cambiamento climatico e molto su altri rischi, sviando il discorso dalle richieste di responsabilità».
I rischi della disinformazione – Al pubblico perugino il prof. Tiani ha mostrato una serie di note immagini artificiali: l’arresto di Donald Trump, il piumino del Papa e i funerali di Silvio Berlusconi. A guardar bene, sia Papa Francesco sia Donald Trump avevano soltanto 4 dita delle mani. Ma è solo questione di tempo, secondo Tiani, e l’intelligenza artificiale migliorerà – anche se oggi, il problema “dita” è già risolto dagli ultimi aggiornamenti di molti generatori di immagini basati su A.I. Ai nostri microfoni Tiani va oltre: «Da qui a 5 anni noi giornalisti potremmo essere senza lavoro», confessa ridendo. La questione è seria: l’intelligenza artificiale crea fotografie di eventi mai avvenuti, video-interviste fittizie e testi verosimili con fonti inventate. Sono le imprese – suggerisce Tiani – a dover limitare i rischi (non solo in ambito disinformazione) prima di immettere i prodotti nel mercato: «Le aziende che producono intelligenze artificiali dovranno dimostrare che non ci sia un impatto sui diritti fondamentali. Che le persone a lavoro, ad esempio, non siano discriminate dal software che valuta i Curriculum Vitae».
Rallentamenti e ritardi – Qualche cambiamento è in atto. Google ha deciso di rallentare lo sviluppo dei propri software, distribuendo le intelligenze artificiali solo ad alcuni utenti statunitensi. Ma gli sforzi non bastano e il legislatore rincorre le imprese, non senza ritardi. «Il Parlamento Europeo sta discutendo una bozza di regolamento – spiega Tiani – di solito, per arrivare a qualcosa di più concreto passano un paio di anni, ma potrebbe trattarsi di un anno o 6 mesi. Le richieste fatte alle aziende sono molto onerose». Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, intanto, continua a correre.