Disinformazione e diffamazione: il caso di Johanna Vehkoo

La giornalista finlandese prima condannata, poi assolta in via definitiva dall'accusa di aver diffamato Junes Lokka, politico di estrema destra che l'attaccava online
«Grave che le istituzioni non abbiano riconosciuto che contro di me c'era una precisa strategia: quella di usare i "troll" a scopi politici»

Può una forte strategia di troll, ovvero di disturbo esasperante sul web, e disinformazione da parte di un politico, fermare il lavoro di una giornalista? È quanto successo in Finlandia a Johanna Vehkoo, cofondatrice del sito investigativo Long Play. Un post pubblicato su Facebook, non pubblico ma visibile solo agli amici, ha portato Vehkoo in una battaglia legale lunga cinque anni, terminata a gennaio del 2022 con una piena assoluzione.

Il caso Vehkoo – I fatti risalgono al 2016 quando la giornalista freelance, dopo esser stata bersaglio di intimidazioni e ripetuti attacchi online da parte dell’attivista e politico di estrema destra Junes Lokka, si è lasciata andare in uno sfogo social. Johanna ha definito Lokka, noto per il suo programma “Monokulttuuri FM” su YouTube e per le dichiarazioni contro l’immigrazione e l’Islam, un nazista e razzista. Una reazione impulsiva a cui è immediatamente seguita una denuncia penale per diffamazione da parte proprio di chi da tempo la attaccava. Lokka, infatti, con i suoi abusi e molestie online mirava a ottenere importanza e visibilità a discapito di Johanna. Dopo esser stata giudicata colpevole nei primi due gradi di giudizio, l’11 gennaio del 2022 la Corte Suprema finlandese ha deciso di assolvere la giornalista. «Questa disavventura – racconta la giornalista ospite al Festival internazionale del giornalismo a Perugia – mi è costata cinque anni di procedimenti giudiziari e oltre 40 mila euro, senza contare l’impossibilità di svolgere il mio lavoro per un periodo di tempo e una macchia sulla mia reputazione. Le istituzioni non hanno riconosciuto che si trattava di una precisa strategia che usa i troll a scopi politici, questo è il problema più grande di tutta la vicenda».

La crisi informatica – Su questo caso, che ha fatto giurisprudenza in Finlandia sul tema della libertà di espressione, la diretta interessata ha voluto scrivere un intero libro per chiarire il contesto e le tante sfumature che mancavano nel racconto giornalistico della vicenda. «Il titolo non poteva che essere “Il processo”, come il famoso libro di Kafka del 1925, perché questa è sicuramente la cosa più kafkiana che mi sia capitata nella vita», racconta Johanna durante il panel “Tu sei qui. Come orientarsi nella tempesta della disinformazione” con Whitney Phillips, docente della Scuola di Giornalismo dell’Università dell’Oregon, e moderato dal giornalista Nicola Bruno. La disinformazione, oggi, non è solo un problema che riguarda la dicotomia tra vero e falso o che concerne le intenzioni di coloro che la producono. «Dobbiamo andare oltre per capire questo fenomeno – spiega Bruno – che rientra tra i vari fattori che caratterizzano la crisi informatica che stiamo vivendo, una situazione tanto allarmante da essere paragonata al cambiamento climatico».

Autore

Giada Bertolini

Classe 1995, originaria di Lucca. Ha conseguito la laurea magistrale in Strategie della comunicazione pubblica e politica all’Università degli Studi di Firenze. Giornalista praticante del XVI biennio della Scuola di Giornalismo di Perugia.