Cyberspazio, la guerra nascosta tra Russia e Ucraina

Il conflitto nel mondo digitale dal 2014 non si è mai interrotto: adesso la cyberguerra rappresenta la nuova frontiera della strategia militare
Francesca Bosco (CyberPeace Institute) al Festival del Giornalismo: “Le conseguenze degli attacchi non sono sempre immediate, i loro effetti possono emergere in qualunque momento»

Quella che un tempo poteva apparire come una fantasia cinematografica, oggi è realtà. Nel ventunesimo secolo le guerre non si combattono più soltanto sul campo: con gli attacchi informatici si possono raggiungere obiettivi fondamentali senza l’impiego di mezzi tangibili: colpire servizi essenziali per uno Stato, sottrarre o cancellare dati, diffondere propaganda e disinformazione. Attacchi che spesso passano inosservati, senza ottenere una risonanza mediatica proporzionata alla loro effettiva importanza.
La guerra in Ucraina ne è l’esempio massimo e più recente, sottolinea
al Festival del giornalismo Francesca Bosco, senior advisor del CyberPeace Institute, ONG per la tutela dei diritti umani nel cyberspazio.  La cyberguerra tra Russia e Ucraina inizia ben prima del conflitto scoppiato più di un anno fa. Gli ucraini hanno dovuto far fronte alle violazioni informatiche già a partire dal 2014, in seguito alla rivoluzione di Maidan. Dal 2020 al 2022, secondo il Centro ucraino di coordinamento della sicurezza informatica, i cyber-attacchi sono quintuplicati. In un anno di guerra l’Ucraina ne ha affrontati più di 4500: iniziative a basso impatto ma continue, con l’obiettivo di mettere sotto pressione il governo e le infrastrutture. Un esempio: prima del conflitto, il Cremlino aveva agito compromettendo il funzionamento di 15 banche e di siti dell’esercito e del governo ucraini. Il 23 febbraio, a poche ore dall’inizio dell’invasione russa, l’attacco si era ripetuto.

Qual è stato finora il ruolo della guerra cyber nel conflitto? «In questa guerra, come mai prima, stiamo osservando un ruolo strategico di primo piano dell’ambito cyber. Gli attacchi informatici hanno svolto soprattutto un ruolo di assistenza all’offensiva militare. Per esempio, durante il bombardamento della torre della tv a Kiev, venne lanciato un malware (un virus) da Mosca per colpire le emittenti televisive ucraine, bloccandole e sottraendo loro dei dati. I settori più colpiti sono stati quelli energetico, estrattivo e finanziario, nonché sistemi di prima necessità come la sanità e i trasporti. L’Ucraina, tuttavia, negli ultimi anni è stata protagonista di un importante processo di digitalizzazione e, con il sostegno in primis della NATO e dello US Cyber Command (il comando che dirige le operazioni americane nel cyberspazio), è riuscita a neutralizzare la gran parte degli assalti informatici di Mosca».

Nel mondo d’oggi ci sono altri soggetti, oltre agli Stati, in grado di poter scatenare una cyberguerra?  
«In questa guerra possiamo osservare in larga parte la presenza di attori statali, ma anche di collettivi di hacker come “Anonymous” (filo-ucraini) e “Killnet” (filo-russi) e quella di cyber-criminali che interagiscono tra loro in occasione del conflitto».

Considerando quanto sta accadendo con questa, le guerre del futuro saranno completamente cyber? E che caratteristiche avranno? 
«Sicuramente ci saranno sempre più settori in cui la battaglia si sposterà sul piano digitale o tecnologico. L’aspetto interessante che possiamo trarre dal conflitto in corso è la coesistenza senza precedenti tra la guerra cyber e la guerra non-cyber. Dobbiamo sempre tenere presente che i cyber-attacchi possono avere un impatto anche a lungo termine e non solo nel breve periodo. Ad esempio, se vengono sottratti dei dati da sistemi o infrastrutture, quei dati possono essere impiegati in ogni modo e in qualsiasi momento, anche in seguito alla guerra».

Autore

Michele Carniani

Nato a Firenze nel 1999, laureato in Scienze Politiche, studi internazionali, presso l'Università di Firenze. Executive Master in giornalismo,“Scrivere e fare giornalismo oggi: il metodo Corriere", presso RcS Academy. Giornalista praticante del XVI biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.