Psicofarmaci, gli psichiatri: ne abusa un giovane su dieci

Trovati in casa o su internet, preoccupa la crescita di consumo ricreativo e assuefazione: si sfiora il 20% negli ultimi 5 anni
Il prof. Tortorella: «Vigilare sull'uso improprio dei medicinali, ma parlare di dipendenza stigmatizza persone già stigmatizzate»

Quello della dipendenza da psicofarmaci è un tema complesso su cui, specialmente dopo la pandemia, si è detto di tutto. I giovani che ne abusano per superare i limiti, spesso accompagnandoli ad altre sostanze psicoattive, sono sempre di più. Per gli psichiatri è quindi importante prevenirne gli abusi, ma allo stesso tempo non dimenticare la loro importante funzione di cura.

Psicofarmaci a scopo ‘ricreativo’ – A inizio anno, la Società Italiana di Neuro-Psico-Farmacologia (SINPF) ha denunciato un nuovo e preoccupante fenomeno: sempre più adolescenti utilizzerebbero psicofarmaci a scopo ‘ricreativo’, diventando vittime di un meccanismo di dipendenza che ormai riguarda un giovane su dieci. Si tratta di un uso di questi medicinali che sfugge a qualsiasi controllo e che ha subìto una crescita costante, pari quasi al 20%, negli ultimi 5 anni. Questo, anche grazie alla facilità con cui gli psicofarmaci possono essere reperiti, su internet, per strada o – nella maggior parte delle volte – già in casa. Numeri allarmanti che però, sottolineano gli psichiatri, non devono far perdere di vista quanto i medicinali, «insieme ad un percorso terapeutico a 360 gradi, siano fondamentali per curare le malattie mentali anche nei giovani e nei giovanissimi, spesso garantendo loro un futuro».

Un’associazione scorretta – Secondo gli esperti, se da un lato è bene vigilare sui problemi legati all’uso improprio dei medicinali, dall’altro è scorretta – e perfino dannosa – l’associazione arbitraria tra psicofarmaci e dipendenza in tutti gli altri casi, come spiega il professor Alfonso Tortorella, che dirige la Scuola di Specializzazione in psichiatria a Perugia. «L’assunto “psicofarmaci uguale dipendenza” fa del male ai pazienti, giovani e meno giovani, perché stigmatizza persone già stigmatizzate», afferma. «Non bisogna fare confusione tra lo stare male dovuto a una dipendenza generata dal farmaco e gli effetti di una sospensione improvvisa delle cure che, in molti pazienti, può generare una vera e propria sindrome», continua il professore. Come esempio di questo effetto detto “rebound”, ossia “di rimbalzo”, cita anche il caso di Fedez, scoppiato un mese fa, che ha riaperto la discussione sugli effetti degli psicofarmaci. Il cantante aveva dovuto sospendere di colpo un farmaco per la depressione, manifestando così nuovamente i sintomi più importanti per cui lo aveva assunto: «Una problematica – aggiunge Tortorella – dovuta però alla sospensione brusca e non a una forma di dipendenza».

quattrocolonnenews · Psicofarmaci, Intervista Al Professor Tortorella

Il problema delle prescrizioni – Il pericolo assuefazione da psicofarmaci non starebbe nel medicinale, ma nel medico. In psichiatria si usano essenzialmente quattro tipi di farmaci: ansiolitici, antidepressivi, antipsicotici e stabilizzatori dell’umore. Quelli più a rischio, chiarisce il professore, sono gli ansiolitici: «Le forme di dipendenza più frequenti che osservo sono quelle da benzodiazepine negli anziani, prescritte da un medico di base magari vent’anni fa, per un problema di insonnia che forse avrebbe potuto avere altre soluzioni». Tortorella è molto netto sulla questione: «Lo psichiatra sa perfettamente che alcuni tipi di psicofarmaci vanno presi solo per un periodo, quindi il problema nasce quando non vengono somministrati come si deve».

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quattrocolonnenews · Psicofarmaci, Intervista Al Professor Tortorella (parte 2)

Autore

Erika Sità

Nata a Soverato, in Calabria, il 07/08/1997, e laureata in Scienze filosofiche all'Università di Bologna. Giornalista praticante del XVI biennio della Scuola di giornalismo radiotelevisivo di Perugia.