Dino Marinelli: «Quella volta che feci da guida alla regina del Belgio…»

Lo storico custode della Pinacoteca di Città di Castello racconta la sua vita: da semplice impiegato a vera attrazione di Palazzo Vitelli
Testimone più autentico della castellanità, amico di Alberto Burri, ha ispirato un docufilm di successo: molti visitatori arrivavano solo per sentire i suoi aneddoti

«Il mestiere che piace è il più bello del mondo»: Dino Marinelli, brioso 90enne dalla battuta sempre pronta, per quasi un quarto di secolo è stato il padrone di casa della Pinacoteca di Città di Castello. Originalissimo divulgatore, parla con la passione dello storico d’arte e lo spirito del “tifernate doc”: da sempre popolarissimo nella sua città, è diventato celebre anche all’estero da quando la sua storia è stata raccontata nel film Il custode della memoria, realizzato lo scorso anno dalla regista sua concittadina Elena Giogli e recentemente applaudito al festival hollywoodiano “Los Angeles, Italia”.

Un uomo comune in un luogo straordinario – Nato il 12 gennaio 1933, figlio di un capomastro e di una lavandaia, la vita di Dino cambia nel 1976 quando vince il concorso indetto dal Comune per diventare custode di Palazzo Vitelli alla Cannoniera, sede della pinacoteca cittadina. Un concorso «vinto 10 a 0» perché, come ricorda con ironia, «fui il solo a prendervi parte» . Rivendica di non essere un «uomo di cultura» eppure, valendosi anche dei preziosi suggerimenti dell’amico conterraneo Alberto Burri, da autodidatta è diventato una valida guida della pinacoteca, apprezzata negli anni da centinaia di visitatori illustri, da Dario Fo a Vittorio Sgarbi, fino ad arrivare a Paola del Belgio. Erano gli anni Novanta e l’allora regina, dopo aver fatto il giro del museo con una guida ufficiale, un altezzoso accademico, insisté per ritornare il giorno successivo, questa volta accompagnata dalla spiritosa oratoria di Marinelli. 

Un intrattenitore con la passione per l’arte – Perché lo stile e la compagnia di Dino Marinelli risultino irresistibili a molti diviene chiaro quando ci guida al cospetto dello Stendardo della Santissima Trinità, l’opera più preziosa della pinacoteca. Al rigore critico con cui illustra l’ “errore” di Raffaello – l’aver ritratto Adamo con l’ombelico -, si unisce la vivacità affabulatoria che tutti gli riconoscono e che è diventata la sua cifra distintiva. Il suo segreto, ci confida, è «intrattenere con un linguaggio semplice – pur senza rinunciare all’indispensabile precisione nei dettagli – e ricco di riferimenti alla vita dell’artista», privilegiando l’aspetto umano a quello squisitamente artistico. E quando il visitatore inizia ad accusare la stanchezza – «non lo trattengo mai per più di 45 minuti» – ecco che il racconto si arricchisce di aneddoti e leggende locali. La preferita di Dino, che non si stanca mai di ripetere, è quella della “Sora Laura”, giovane di umili origini che a inizio XVI secolo si trasferisce a vivere nel palazzo che oggi ospita la pinacoteca, su invito del signore cittadino Alessandro Vitelli. Annoiata dall’assenza dell’amato, trascorre le giornate lasciando cadere dalla finestra fazzoletti da lei ricamati, per attirare giovani uomini che, una volta sedotti, vengono fatti uscire dal palazzo attraverso una porta secondaria, che altro non è che una botola che li porta a morire tra atroci sofferenze.

Testimone di un’epoca – Dino è andato in pensione nel 2000 ma il suo nome rimane indissolubilmente legato alla Pinacoteca di Città di Castello, al pari di Luca Signorelli e Raffaello. Nel frattempo si è dedicato alla stesura di una decina di libri, la maggior parte di cronache e tradizioni castellane, ed ora si gode il successo del film che lo vede protagonista, già vincitore di importanti riconoscimenti internazionali. «Gli anni più belli della mia vita li ho trascorsi tra queste mura – confessa nel salutarci con un filo di malinconia ma sempre col sorriso – quando ho iniziato il mio compito era quello di custodire questo palazzo, ma è lui che ha custodito me».

Autore

Enrico D'Amo

Originario di Piacenza, classe 1996. Laureato in Lettere all'Università di Torino. Giornalista praticante del XVI biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.