Algoritmi, lamentele e nevicate: la dura vita dei rider a Perugia

Il racconto di due giovani fattorini tra i ritardi dei ristoratori, il malcontento dei clienti, l'incognita maltempo e i rischi nelle consegne
Il ricatto delle piattaforme: «Se non parti subito quando arriva l'ordine, incarico annullato»

Sono amici da una vita, Pietro Caligiama e Mostafa Abiad. Insieme hanno scelto di consegnare cibo a domicilio nel 2021, in piena pandemia. Li conosciamo nella sede della Cgil di Perugia. I problemi con le piattaforme di delivery per cui lavorano sono tanti, ma non sono gli unici: dalle difficoltà di comunicazione con le società, difficili da contattare, alle questioni con i ristoratori, spesso poco sensibili alle loro difficoltà. Senza contare il maltempo di quest’anno e la scarsa empatia dei clienti stessi.

Perché fare il rider – Pietro e Mostafa, 21 e 24 anni, hanno scelto di diventare rider per mettere da parte qualcosa e mantenersi durante gli studi. Oggi, però, hanno preso due strade diverse: il primo ha accantonato temporaneamente l’università e lavora per 60 ore alla settimana consegnando cibo a domicilio, mentre l’altro ha scelto di portare avanti la propria laurea in Farmacia e lavora tre, quattro ore ogni tanto. Entrambi usano l’automobile per spostarsi, dicono, non hanno un motorino e la bici sarebbe una faticaccia a Perugia. «Ma forse è meglio così, vedo i colleghi in scooter e d’inverno per loro è un problema», racconta Pietro.

Il volto assente delle piattaforme – Lavorare per un’applicazione vuol dire confrontarsi costantemente con un datore di lavoro assente. D’altronde, le aziende come Glovo e Deliveroo – per le quali lavorano i due rider – si presentano come piattaforme di incontro tra rider, ristoratori e clienti e non come imprese che danno lavoro. Mostafa ci racconta che per avere una risposta a qualsiasi tipo di problema bisogna aspettare fino a 72 ore. Insomma, non possono esistere problemi urgenti. Per assurdo, però, sono molto rigide sui tempi di risposta dei rider: «Quando arriva un ordine non puoi essere impegnato a fare il pieno di benzina, perché rischi che quei tre minuti ti costino l’annullamento automatico», continua Mostafa.

Quando l’algoritmo valuta il lavoro – Collegato al numero di ordini portati a termine c’è l’algoritmo. Pietro e Mostafa ne parlano quasi come un essere a sé, una presenza certamente ingombrante nel loro rapporto di lavoro. «L’algoritmo ti dà un punteggio sulla base degli ordini che fai – commenta Pietro – loro (le piattaforme, ndR) dicono che se rifiuti un ordine non ti si abbassa il voto, ma è chiaro che se ne fai uno in meno prendi una valutazione peggiore». Se il fattorino effettua poche consegne perché mancano gli ordini, viene comunque declassato. «Senza bei voti non possiamo lavorare quanto e quando vogliamo», spiega Pietro.

Perché non cambiare app? – Alcune piattaforme, come ad esempio Just Eat, hanno optato per l’assunzione di rider. A Perugia, però, pensare di cambiare app è un po’ difficile. I clienti usano solo alcuni portali, quindi chi lavora in quest’ambito preferisce la certezza di avere lavoro e ordini pagati a quella di una situazione apparentemente più stabile.

Il rapporto con i ristoranti – «A Perugia è famosa la storia di un rider che ha aspettato 60 minuti fuori, al freddo, per un gelato», continua Pietro: quello del rapporto con i ristoratori è un capitolo a sé. Spesso i ristoratori preferiscono favorire i clienti in sede e l’asporto, mentre gli ordini online vengono fatti per ultimi. Un sistema che potrebbe essere giusto, se non fosse che diverse piattaforme non pagano i rider per il tempo che passano ad aspettare.

Quando il cliente diventa violento – Ultimo ma non per importanza, il problema della sicurezza sul lavoro. A parte il rischio di incidenti, c’è il problema dei clienti insoddisfatti per un ritardo o una pietanza arrivata fredda. A volte manca la volontà di capire le difficoltà dei rider con il maltempo. «Durante la nevicata di gennaio un cliente non ha voluto sentire ragioni quando gli ho spiegato che non potevo arrivare fino a casa sua, in un’area dissestata – conclude Pietro – sono stato fortunato perché la macchina non è rimasta bloccata nella neve. Lui aveva ordinato qualche mozzarellina panata. E io come indennizzo per tutto il maltempo di gennaio ho ricevuto solo 2 euro».

Autore

Chiara Venuto

Classe '97, originaria di Messina, laureata in English and American Studies. Giornalista praticante del XVI biennio della Scuola di Giornalismo di Perugia.