Informazione e tutela delle fonti, una convivenza difficile

Protezione dei nomi, app di messaggistica "sicure" e una parola chiave: compartimentalizzazione
Il programma CIJ Logan al Festival del giornalismo di Perugia

Come coniugare dovere del giornalista di informare con la tutela delle delle fonti, specie quando si trovano in contesti a rischio? È questo l’interrogativo al centro dell’incontro dal titolo “Presentazione del programma Logan per proteggere le fonti” al Festival del giornalismo di Perugia. Per James Harkin, direttore del Centre for Investigative Journalism, un «giornalismo che non protegge le fonti è poco coraggioso». Da qui l’impegno del programma, che costituisce uno spunto per riflessioni ulteriori.

Iona Craig è una giornalista britannica con una grande esperienza nello Yemen: «Io ci metto la faccia» afferma, ma spesso la scelta è quella di non usare nomi neanche quando si ha il consenso delle fonti per evitare di metterle in difficoltà. Harlo Holmes invece è responsabile della sicurezza digitale alla Freedom of the Press Foundation. Di certo, confessa, non esiste un metodo sempre valido: «Lavorando sul campo si fanno molti errori. Spesso non si trova la soluzione migliore ma una soluzione che funziona». Alcuni accorgimenti sono fondamentali, come usare due diversi cellulari per lavoro e vita privata. La parola chiave è “compartimentalizzazione”, che si può raggiungere anche impostando diverse modalità sullo stesso dispositivo: ad esempio Whatsapp per le conversazioni personali e Signal (altra app di messaggistica con un livello di sicurezza maggiore) per contattare le fonti.

A volte, però, il rischio è necessario per dare credibilità alla propria storia, come racconta Allison Killing, giornalista ed architetto, con una grande esperienza di reportage sui campi di detenzione degli uiguri, nella regione cinese dello Xinjiang, sentendo anche coloro che sono riusciti a espatriare. «All’inizio le persone avevano paura di parlare per timore di quello che sarebbe potuto accadere alle loro famiglie in patria. Poi però – sottolinea – molti hanno cambiato idea capendo che le loro storie sarebbero state piu credibili se avessero avuto un nome dietro».

Autore

Gianluca Carini

Nato a Palermo il 13/12/1992. Laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Milano. Giornalista praticante del XV biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.