Conservatorio Morlacchi: a Perugia 600 promesse musicali

Insegnare o suonare nei concerti, è questo il futuro degli allievi. Il direttore Ciuffa: «Solo la pandemia ha "silenziato" la vita nel conservatorio»
«Non ci sentiamo secondi a nessuno in Europa. Tutti gli studenti trovano presto un lavoro. In Italia bisogna creare teatri stabili e orchestre regionali»

Dalle finestre risuonano la musica di Bach, Schubert, l’elettronica e gli acuti di chi studia canto lirico. Si respira arte in piazza Annibale Mariotti, nel centro di Perugia, dove si trova la sede del conservatorio “Francesco Morlacchi”: un palazzo a due piani del 1500 che regala ai passanti un po’ di musica, a volte dei piccoli concerti.

Una realtà molto vivace – Fondato oltre 200 anni fa, il conservatorio dal 2019 è diretto dal maestro Luigi Ciuffa, che supervisiona i corsi di tutti gli strumenti e le materie teoriche. Gli allievi sono circa 600: molti di loro vengono dall’estremo Oriente: Cina, Mongolia, Giappone. Ci sono, poi, gli studenti Erasmus, provenienti da diversi stati d’Europa e gli italiani. Sara vive a Trevi, in provincia di Perugia e divide il suo tempo tra le lezioni di giurisprudenza e quelle di pianoforte. Suona per passione sin da quando era bambina e nella vita vorrebbe proseguire con la carriera forense anche se, confessa «i tasti bianco-neri non li abbandonerò mai. Vorrei suonare di tanto in tanto durante i concerti». Una pausa obbligata alla vita “a tamburo battente” nel conservatorio c’è stata solo nei mesi in cui l’Umbria è diventata zona rossa lo scorso anno, ma adesso esami e lezioni sono ricominciati in presenza e l’entusiasmo degli allievi è palpabile, soprattutto in vista di un futuro impiego. «È una realtà molto vivace – racconta a Quattrocolonne il direttore Ciuffa – solo la pandemia è riuscita a “silenziare” la vita all’interno del conservatorio».

L’allieva dalla Cina – Anudari ha 22 anni e da quattro si è trasferita a Perugia dalla Mongolia, proprio per studiare al Morlacchi. «Qui i docenti dedicano tutto il loro tempo a me», ci dice. Nel suo Paese, infatti, non c’è la possibilità di seguire un corso singolarmente e tutte le lezioni si svolgono in gruppo. Anudari sta frequentando il terzo e ultimo anno di lezioni e spera di insegnare un giorno pianoforte. Ha scelto Perugia perché il suo docente di musica in Cina aveva studiato a Venezia e continuava a ripeterle: «per imparare davvero a suonare devi andare in Italia». Anudari si è iscritta al Morlacchi perché, prendendo informazioni, le è sembrato uno dei conservatori più validi e si trova in una città in cui affitti e costo della vita sono bassi. Non ha tempo per lavorare o dedicarsi a un passatempo con gli amici. La mattina presto la ragazza si esercita autonomamente col pianoforte, che poi suona anche il pomeriggio durante le lezioni. La sera, a casa, studia le altre materie teoriche. La retta annuale è di 1100 euro, ma grazie a una borsa di studio i suoi genitori pagano solo la metà.

Il futuro dopo il conservatorio – Lo sbocco professionale più diffuso dopo il conservatorio è quello dell’insegnamento, che dal 2014 è possibile anche nei licei musicali. In Italia ne esistono solo 159, di cui tre in Umbria. Altro tipo di carriera è quello legato ai concerti. In Italia ci sono molti teatri, ma pochi di questi sono istituzioni stabili, con un corpo di ballo, orchestra e coro. «In questo caso i posti di lavoro sono limitati e – confessa il direttore – questa carriera per molti rimane un sogno». Martin, che viene dall’Argentina, suona il violino. Ha 30 anni e frequenta il Morlacchi da pochi mesi. Il primo incontro con le quattro corde è avvenuto dieci anni fa. «Vorrei suonare in un’orchestra, o continuare a insegnare come facevo prima di venire in Italia», ci dice. Secondo il giovane violinista un futuro professionale esiste, ma «bisogna studiare moltissimo. La competizione è tanta e i concorsi per far parte di un’orchestra pochi». Una speranza arriva dall’Europa, perché come ci dice ancora Ciuffa «i nostri studenti, laureati nel sistema Afam (Alta Formazione Artistica e Musicale), quando vanno all’estero vengono assunti subito. Non ci sentiamo secondi a nessuno». Molti ex allievi del Morlacchi, infatti, sono stati scritturati come cantanti in un coro, come solisti o musicisti nelle orchestre del centro Europa. «Siamo molto soddisfatti di loro. Vuol dire che abbiamo insegnato bene».

Come fare a rimanere in Italia? – «È necessario che tutti i giovani laureati nei conservatori – ha dichiarato in un’intervista il Ministro della Cultura Franceschini – possano affermare le loro professionalità e lavorare nel nostro Paese». Con il decreto del Fondo Unico per lo Spettacolo del 2022 verrà erogato un contributo per la nascita di orchestre stabili nelle città, o regioni in cui è presente un conservatorio. «Se l’Umbria avesse un’orchestra regionale, molti dei nostri studenti suonerebbero lì», ci dice Patrizio Cerrone, docente di pianoforte al Morlacchi. Secondo il professore, che è stato chiamato a insegnare a 23 anni, prima ancora di conseguire il diploma, per i ragazzi oggi lavorare nel mondo delle arti sonore è molto più difficile: «Nei conservatori – spiega – la domanda di lavoro supera l’offerta e le assunzioni avvengono solo per sostituire chi va in pensione». Per un aspirante docente è fondamentale imparare, oltre alla teoria, anche a stare sul  palco, ad affrontare un’esecuzione pubblica. Ma, conclude Cerrone, «se ai diplomati non si dà la possibilità di insegnare sin da subito, quando imparano a trasmettere tutto questo ai loro allievi?».

Autore

Mariafrancesca Stabile

Nata a Copertino (Lecce) il 3 settembre 1992. Diplomata al liceo classico "Giuseppe Palmieri" di Lecce, è laureata in giurisprudenza presso l'Alma Mater Studiorum di Bologna. Giornalista praticante del XV biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.