AST Terni, tutte le incognite della transizione ecologica

Obiettivo: tagliare la CO2 del 30% entro il decennio. Italia Nostra: «Non ci sono solo le emissioni: preoccupanti i livelli di cromo e nichel»
I sindacati: «Il rinnovamento green non penalizzi l'occupazione». Attesa per i piani della nuova gestione Arvedi

«Oggi con le rinnovabili si può fare molto, ma non si può fare tutto». Paolo Zanella è direttore della supply chain di Acciai Speciali Terni SpA, una delle principali acciaierie italiane. Fondata nel 1884, Ast si trova di fronte alla sfida della sostenibilità ambientale. Per l’industria dell’acciaio, però, l’energia rinnovabile non è un’alternativa percorribile: «Solare ed eolico – sottolinea Zanella – sono perfetti per le abitazioni ma non per il mondo industriale: non hanno la continuità necessaria per un ciclo produttivo».

Emissioni, presente e futuro – Messe da parte le due fonti green per eccellenza, Ast ha davanti a sé altre strade e punta a una riduzione del 30% delle emissioni di Co2 entro il 2030 rispetto alle 758mila tonnellate prodotte nel 2018. L’anno scorso è arrivata a quota 718mila. In che modo? Triplicando la percentuale di “movimentato” (prodotto sia da lavorare, sia finito) con treni invece di camion e, ancora, recuperando il calore generato dal ciclo produttivo con un sistema che lo trasforma in vapore: così si riduce quello proveniente da caldaie alimentate con combustibili fossili. Da ultimo, vengono utilizzati forni elettrici al posto dei tradizionali altoforni. Ma c’è dell’altro: Ast ha investito 60 milioni di euro in un progetto che trasformerà le scorie in ciottoli con cui fare le strade.

Non solo CO2 – Per Marco Sansoni, presidente della sezione ternana di Italia Nostra, concentrarsi solo sulle emissioni è fuorviante: «L’inquinamento di Ast non riguarda esclusivamente la CO2, i livelli di nichel e cromo nella zona hanno concentrazioni da record europeo. Il problema c’è da almeno una decina d’anni. Questi non sono temi per il 2030, ma per il presente». Di recente, Ast è passata dalla tedesca ThyssenKrupp ad Arvedi, società italiana del settore acciaio. Il via libera da Bruxelles è arrivato a metà dicembre e si attendono ora i programmi della nuova società. Ottimista la presidente della Regione Donatella Tesei: gli investimenti della nuova gestione «riguarderanno anche la partita ambientale, nonché la città di Terni». «E’ un bene che l’acquirente sia una società del settore e non un fondo speculativo» sottolinea invece Alessandro Rampiconi di Fiom-Cgil.

Rottami e rotaie – Sostenibilità vuol dire anche riutilizzo dei materiali: Ast produce acciaio inossidabile, riciclabile. Un materiale realizzato mettendo insieme rottame (quindi materiale di scarto) e le ferro leghe, composte da una certa percentuale di ferro. «Quando abbiamo iniziato, cinque anni fa, la quota di rottame era inferiore al 50%, mentre quest’anno ha superato il 90%. Lo chiedono anche i nostri clienti, purtroppo adesso non è possibile arrivare al 100% di riciclato», spiega Zanella. Il rottame, soprattutto elettrodomestici, arriva in gran parte da Olanda e Germania: «Costa un sacco di soldi, ma in Italia non ci sono le infrastrutture per trattare questi rifiuti». Una soluzione sostenibile ma anche redditizia? «È un business colossale – tiene a sottolineare ancora Zanella – con cui è stato risolto anche il problema delle discariche».

Il nodo dei trasporti – Altro capitolo decisivo è quello dello spostamento merci, perché il passaggio al treno è centrale per ridurre le emissioni e il traffico in città. In attesa della cosiddetta “piastra logistica” Terni-Narni, Ast ha concluso un accordo con le ferrovie tedesche per prendere i rottami e trasportare il prodotto, poi diviso tra i clienti, un servizio ribattezzato taxi-train. L’obiettivo, dicono dalla società, è arrivare però al 100% di movimentato su rotaia per il 2025. In cinque anni si è arrivati al 60%, triplicando la percentuale di partenza del 2016.

Oltre i cancelli – Se avere delle alternative alla fabbrica non può che essere auspicabile, Terni è ancora un polo industriale. Secondo i dati Arpa del 2020, gli ultimi disponibili, la città supera la concentrazione media di Pm10 più di tutte le altre dell’Umbria. Nella zona di Le Grazie, non lontano dalla fabbrica, sono stati registrati 52 sforamenti l’anno scorso, il doppio di Ponte San Giovanni, maglia nera di Perugia. Troppo facile puntare il dito sull’acciaieria, tuona Zanella: «Non produciamo acqua di fonte, ma seguiamo le norme. Anche quando la fabbrica si è fermata, come cinque anni fa, oppure durante il primo lockdown – in cui siamo stati chiusi un paio di mesi – il tasso di inquinamento della zona non è calato». Il dirigente riconosce gravi errori delle gestioni passate «come costruire quartieri vicino all’acciaieria», ma sottolinea come a Terni ci siano anche «due inceneritori, di cui uno che prende l’immondizia di Roma, non selezionata».

I rischi occupazionali – La transizione ecologica in Italia porta con sé delle ripercussioni occupazionali rilevanti. Nel mercato dell’auto, ad esempio, secondo i sindacati sono a rischio 60-70mila posti di lavoro, solo in parte riassorbibili con il passaggio all’elettrico. Un motore elettrico è più semplice nella struttura di uno a benzina o diesel e richiede quindi meno personale nella fase di produzione. Non solo: chi si è formato su motori tradizionali difficilmente potrà essere formato di nuovo, anche per ragioni di età. Questi rischi non dovrebbero riguardare però l’acciaieria, sostengono da Ast, che parla di nuovo personale per sviluppare le tecnologie green, oggi ancora embrionali. In Ast lavorano circa 2300 persone, più circa 1500 nell’indotto. La Fiom-Cgil non prevede scossoni nel futuro, salvo un piano di uscita per 50 impiegati con incentivo all’esodo, che saranno rimpiazzati con nuovi operai. L’industria però nel passato ha subito almeno cinque crisi, l’ultima nel 2015 con più di 300 esuberi, ricorda Simone Liti di Fim/Cisl. I sindacati auspicano che per la nuova gestione Arvedi la transizione ecologica sia un’opportunità per innovare, non una scusa per tagliare.

Autore

Gianluca Carini

Nato a Palermo il 13/12/1992. Laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Milano. Giornalista praticante del XV biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.