Effetto Covid sulla Sanità umbra: dalle prestazioni mancate al ricorso al privato

Interventi annullati, controlli e screening rinviati, il commissario D’Angelo: “La pandemia si è sommata alle patologie croniche, ma stiamo colmando il gap”
Alessandra Pioggia (UniPG): “Si pone serio problema di uguaglianza sociale che tocca i diritti della persona, occorre intervenire”

La pandemia da Coronavirus ha colpito la nostra società non solo per gli effetti diretti della sua malattia. Interventi chirurgici annullati, visite specialistiche rinviate, analisi ed esami di screening rinviati: le conseguenze per i pazienti con patologie croniche, registrati nell’ultimo anno e mezzo, sono incalcolabili. A determinare tutto questo è stato il sovraccarico degli ospedali, incapaci di rispondere alla totalità dei bisogni di salute, ma anche il timore di molti cittadini nell’accedere alle cure e recarsi nelle strutture sanitarie.

I dati – Secondo le cifre fornite da Gimbe, la fondazione che dal 1996 cura la raccolta di dati per diffondere in Italia la medicina basata su prove di efficacia, anche in Umbria le prestazioni sanitarie hanno risentito degli effetti indiretti del Covid. Nel report, vengono messe a confronto le prestazioni erogate nel 2019 con quelle del 2020. Elena Cottafava, segretario generale di Gimbe, introducendo il reportspiega: «Il documento analizza in dettaglio la riduzione di volumi registrata in alcune aree specialistiche, selezionate secondo criteri di prevalenza, impatto clinico, sui servizi sanitari e sulla qualità di vita dei pazienti». I numeri sono chiari: le visite di controllo per i tumori sono diminuite, nella nostra regione, del 3,5%. Più che dimezzati gli interventi per i tumori al colon: -54,5%. Oltre alle malattie croniche, anche i mancati trattamenti delle emergenze hanno causato danni evidenti: i ricoveri per infarti del miocardio e ictus hanno registrato una diminuzione, rispettivamente del 30,9% e del 10,4%, con la conseguenza di un aumento della mortalità.

Il commissario Covid della Regione Umbria, Massimo D’Angelo

«Principio di massima precauzione» – Massimo D’Angelo è un medico. Direttore sanitario dell’Usl Umbria 1, dal gennaio 2021 è stato nominato commissario per l’emergenza Covid della regione Umbria. «Non c’è un dopo pandemia», ci dice subito: «Siamo ancora in una fase in cui i casi sono presenti: stiamo correndo con la dose booster per ridurre il rischio di diffusione del virus». Analizzando più in particolare il tema prestazioni sanitarie e pandemia, D’Angelo commenta: «Il Covid si è sommato alle patologie croniche: siamo intervenuti assicurando, anche grazie alla flessibilità, sia gli interventi non procrastinabili sia quelli, ovviamente, emergenziali, propri di un fenomeno pandemico». Ma in un primo momento, almeno nelle ore più drammatiche della pandemia, non è stato così. «Nella fase iniziale della pandemia, a fronte di un impatto immane e della bassa conoscenza di questo virus, abbiamo dovuto procedere a una selezione degli interventi: quelli procrastinabili sono stati, quindi, procrastinati. Abbiamo adottato il cosiddetto principio di massima precauzione: blocchiamo tutto perché ci può essere un rischio», dice il commissario.

Un gap che si sta colmando – La differenza tra le prestazioni pre-pandemia e oggi, in Umbria, si sta lentamente colmando. «Stiamo integrando le attività proprie degli screening. Ultimamente, abbiamo addirittura aumentato gli screening di prevenzione del tumore della cervice uterina. I dati lo dimostrano. C’è stato un grande lavoro da parte dei miei colleghi e di tutto il personale sanitario e non», evidenzia D’Angelo. Effettivamente i dati sul volume di screening e prestazioni nella regione stanno migliorando. E tutto è anche certificato dall’Osservatorio Nazionale Screening, che si occupa di monitorare i dati della prevenzione dei tumori nel Paese. La dottoressa Paola Mantellini, referente dell’Osservatorio, commentando i dati regionali spiega: «Per il tumore del collo dell’utero, a fine 2020 sono stati fatti in Umbria 10.000 inviti in più rispetto al 2019 e il numero di test di screening effettuati (Pap test e HPV test) è sostanzialmente invariato». Anche per gli esami del collo dell’utero e per le mammografie i ritardi si stanno colmando. «In sostanza, la regione Umbria ha mostrato una notevole capacità di ripresa caratterizzata da un impegno che è stato massimo nella seconda metà dell’anno (in particolare periodo ottobre-dicembre 2020) ed è tra le poche regioni che sembrano non presentare criticità», dice Mantellini.

«Salute come diritto di tutti» – Alessandra Pioggia è docente di Diritto sanitario e dei Servizi sociali all’Università di Perugia. «L’impatto della pandemia sul nostro sistema sanitario nazionale ha mostrato come questo fosse andato impoverendosi nel corso degli ultimi anni, in considerazione dei tagli di spesa dovuti alle restrizioni finanziarie per adeguarsi ai parametri europei», commenta. Un problema che ha toccato i diritti fondamentali della persona, anche in un’ottica di eguaglianza sociale. «La capacità di risposta ai bisogni, che si è andata contraendo nel corso degli ultimi anni, la rileggiamo nelle altre specialità, quelle che giocoforza hanno visto interrotta o comunque ridotta la capacità di servizio durante la pandemia e che adesso devono recuperare il pregresso. Da questo derivano effetti importanti, a volte significativi, anche in termini di eguaglianza», evidenzia la professoressa Pioggia. Il ritardo nelle prestazioni pubbliche ha, di fatto, incentivato un ricorso alle strutture convenzionate o private. «Pensiamo alle ipotesi in cui, dati i tempi d’attesa a volte incompatibili con le esigenze di prestazione, alcune persone si rivolgono al privato. E quando questo accade in maniera consistente, come sta avvenendo in questi mesi, questo pone un problema di uguaglianza economica naturalmente, perché il privato è costoso, ma pone problemi anche di forme di diseguaglianza più odiose, che riguardano anche la percezione dell’esigenza di curare la propria salute». In altre parole, il nostro sistema è universalistico: deve garantire a tutti elevati standard di qualità nelle cure. Anche a chi non se le può permettere, oggi più che mai: «Questo è un problema che la nostra sanità deve affrontare con responsabilità e serietà».


Autore

Marco Di Vincenzo

Nato a Tivoli il 25/09/1992. Laureato in Giurisprudenza all'Università "Sapienza" di Roma. Giornalista praticante del XV biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.