L’archistar, i lavori a tempi record, le inchieste: la storia del Minimetrò di Perugia

Luci e ombre dell'opera più curiosa e controversa del capoluogo umbro raccontate da due protagonisti
L’ex sindaco Locchi: «Tutte le inchieste si sono chiuse in un nulla di fatto: realizzare una grande opera è sempre divisivo». L’architetto Vignaroli: «Consente di spostarsi in modo sostenibile: un’avanguardia che Perugia aveva già capito più di 20 anni fa»

Perugino, classe 1966, Andrea Vignaroli è laureato in architettura all’Università degli Studi di Firenze. Dal 2001 lavora in Minimetrò S.p.A. Per questa società ha seguito il progetto e la costruzione dell’innovativo sistema di trasporto perugino. È lui a raccontarci la lunga storia del people mover più curioso e controverso di Perugia. «Quella del Minimetrò è una storia che parte da molto lontano. Già intorno alla fine degli anni ’70 si pensava ad un sistema meccanizzato per collegare il centro storico della città al nascente polo politico ed economico, che si trovava in una zona più periferica. Un progetto molto avveniristico, ideato dall’ingegner Fabio Ciuffini», spiega Vignaroli. Ma i tempi non erano ancora maturi, anche se Perugia è sempre stata una città leader nel trasporto innovativo. «Il complesso sistema di scale mobili, ad esempio, era attivo a Perugia già nei primissimi anni ’80: il capoluogo umbro ha fatto da guida ad altre realtà italiane», sottolinea Ciuffini.

Renato Locchi, sindaco di Perugia dal 1999 al 2009

Arrivano gli anni ’90. E Locchi –  «Negli anni ‘90 venne fuori la possibilità di accedere a dei fondi, messi a disposizione dal Ministero dei Trasporti, per realizzare infrastrutture innovative. Perugia propose l’avveniristico progetto del Minimetrò”, racconta Vignaroli.  Renato Locchi è stato sindaco di Perugia dal 1999 al 2009. La sua giunta ereditò il progetto dell’opera dall’amministrazione precedente, quella guidata da Gianfranco Maddoli. Anche a lui chiediamo di raccontare la storia di questo progetto. «L’idea del Minimetrò nasce all’interno del piano regolatore di Perugia del ’93-’95. Rappresentava il naturale continuum con la Perugia delle scale mobili e dei parcheggi a corona del centro storico» dice Locchi. Un’idea avveniristica, quasi unica per l’epoca in Italia. «Una città che sottrae spazi alle auto nei propri centri è una politica che veniva già adottata in molte città del nord Europa».

L’architetto francese Jean Nouvel

L’archistar francese a Perugia – Dopo aver avuto accesso ai fondi e aver ricevuto il nulla osta, il progetto iniziava a prendere corpo. «Nel 2000-2001 ci fu la svolta. Ci siamo detti: stiamo realizzando qualcosa di veramente unico. Data la portata ormai internazionale, vennero fatti dei nomi per gli architetti». Subito si pensò a delle firme italiane per disegnare il Minimetrò: Renzo Piano e Massimiliano Fuksas. Ma l’idea venne accantonata. Jean Nouvel, architetto francese, era perfetto per il progetto. «Nouvel stava emergendo. Di lì a poco la sua fama sarebbe anche cresciuta», spiega Locchi. Nouvel ha concepito il progetto del Minimetrò come una sottile linea rossa che attraversa e percorre tutta la città. «Ha realizzato un’opera moderna e inserita bene nei suoi dettagli. Il Minimetrò è stato anche il pretesto per abbellire le zone periferiche della città», dice l’ex sindaco.

Un lavoro senza sosta, fino all’inaugurazione – I lavori iniziano ufficialmente nel 2003. E, dopo 5 anni, il Minimetrò viene completato. «Cinque anni per realizzare un’opera del genere, in Italia, sono quasi un unicum», racconta Locchi. L’inaugurazione avvenne nel giorno del patrono di Perugia, San Costanzo. Era il 29 gennaio 2008. Tra i presenti c’era anche Jean Nouvel.

Un’opera sostenibile ma divisiva – Dalla sua progettazione alla sua inaugurazione, il Minimetrò ha attirato su di sé molte critiche. In molti hanno giudicato fuori luogo un people mover di questo tipo a Perugia, altri hanno polemizzato descrivendo l’infrastruttura come costosa e inutile. «Grazie al Minimetrò ogni giorno si spostano migliaia di persone. Quest’opera consente di muoversi in modo sostenibile da una parte all’altra della città, riducendo le emissioni e l’inquinamento delle auto: di questo si parla ancora troppo poco. Forse è stato così all’avanguardia da non essere stata compreso fino in fondo», sottolinea Vignaroli. Della storia del Minimetrò, nel tempo, si è interessata anche la magistratura. «Nella fase dell’esecuzione dei lavori, il Minimetrò ha ricevuto ben 300 esposti, alimentando 3 filoni di inchiesta: contabile, amministrativo e penale. Tutto si è esaurito nel nulla. Questo dimostra l’occhiuta attenzione che una parte ha esercitato su quest’opera. Come tutte le opere, anche questa è stata molto divisiva», conclude Locchi.

Autore

Marco Di Vincenzo

Nato a Tivoli il 25/09/1992. Laureato in Giurisprudenza all'Università "Sapienza" di Roma. Giornalista praticante del XV biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.