Zafferano, una coltura «a misura di mamma»

La storia di Isabella: dallo studio di logopedia al campo di zafferano. Un sogno nel cassetto che le ha rivoluzionato la vita e le ha permesso di vivere a contatto con la natura
Isabella racconta i motivi della scelta di questa coltura: “Zappa, vanga e niente acqua: lo zafferano è attestato in Umbria dal XIII secolo. I bandi per giovani agricoltori? Non sempre alla portata di tutti”

Il campo dove ora sorge l’azienda Zafferano & Grani antichi di Corciano nel 2017 era un uliveto abbandonato da oltre vent’anni. Le piante si seccarono nella gelata dell’85, un’ondata di freddo talmente forte da ghiacciare il lago Trasimeno. Poi qualcuno è tornato a coltivarlo, ma con un tocco di colore in più. Isabella Bigerna Torcoli, 41 anni, mamma di tre bambini, qualche anno fa ha deciso di lasciare un posto a tempo indeterminato da logopedista per realizzare il suo «sogno nel cassetto»: coltivare lo zafferano. Quel campo, dal 2017, ogni fine estate si colora di viola.

Perché lo zafferano? – «Ho scelto di coltivare lo zafferano perché la produzione di questa spezia risponde a tre criteri», spiega Isabella. Innanzitutto, «è una coltura senz’acqua». I bulbi possono essere piantati anche lontani da fonti d’acqua. «È poi una spezia della tradizione»: i campi di zafferano colorano le colline dell’Umbria almeno dal XIII secolo. Soprattutto, racconta ancora, «è una coltura a misura di donna e di mamma»: solo zappa e vanga, «più in là per il momento non mi spingo». Oltre allo zafferano, Isabella coltiva anche il grano, ma solo quello che nasce da grani antichi. «Le piante che nascono – alte anche 1,80 metri – soffocano tutte le erbe spontanee e si adattano bene alla coltura biologica» spiega. E niente erbicidi: quelle nate da semi moderni sarebbero alte al massimo 60 centimetri e sparirebbero sotto le erbe infestanti.

Bulbi di zafferano

Dal bulbo al fiore – Prima, però, bisogna preparare il campo. Tra fine aprile e inizio maggio si tolgono le erbe infestanti e a luglio si espiantano i bulbi cresciuti durante l’inverno. Dopo averli tenuti a riposo, vengono ripiantati tra agosto e settembre, quando la fioritura è imminente. I grani vengono poi “moliti”, ovvero macinati a pietra. Tutto a chilometro zero, sottolinea Isabella, «in un antico mulino ad acqua vicino Perugia». Non solo zafferano e grano: Isabella coltiva anche la fagiolina del Trasimeno (recuperata negli ultimi anni) e, da quest’anno, anche erbe aromatiche officinali e frutti antichi. Infine, per i palati più coraggiosi, ci sono i peperoncini piccanti. «Non sono della tradizione – chiarisce – ma noi li adoriamo!».

Progetti futuri – Isabella ha sempre fatto tutto da sola, al massimo con l’aiuto della sua famiglia: «Per chi parte da zero – spiega – è difficile: ci vuole anche un buon investimento iniziale, ma al momento non ho beneficiato di nessun contributo». I regolamenti per i bandi, alcuni riservati ai giovani agricoltori impongono dei limiti: bisogna avere meno di 40 anni ed essere proprietari del terreno. Ma non sempre si rientra nei requisiti: «Il mio terreno all’inizio era in comodato, per questo non ne ho potuto beneficiare». Ma Isabella non si è lasciata scoraggiare e di progetti in mente ne ha ancora molti. La passione e l’impegno per aiutare le persone sono rimasti, anche dopo il percorso da logopedista: «Ortoterapia e floriterapia: mi piacerebbe fare una cosa del genere». Anche aprire una fattoria didattica è un progetto che spera di realizzare in futuro, «ma mio marito dice: o me o l’asino!» scherza Isabella. Essendo da sola a coltivare, per il momento, sono idee da rinviare. Intanto, però, ha presentato un progetto che prevede di valorizzare i prodotti locali attraverso una rete di sentieri: «Ora vediamo se piace alla Regione» commenta fiduciosa.

Autore

Francesco Ferasin

Nato a Vicenza il 01/02/1997. Laureato in Scienze della Comunicazione all'Università di Verona. Giornalista praticante del XV biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.