Cinghiali in Umbria, invasione reale o creata ad arte?

Terreni devastati e incursioni cittadine in tutta l'Umbria. Secondo Coldiretti sono centomila gli esemplari sul territorio: la Regione ha dato il via libera alla caccia di selezione
Rossi (Confagricoltura): «Il problema è di tipo economico. Anzi, se non ci fossero i cacciatori, non ci sarebbero i cinghiali». Latini (LAC Umbria): emergenza costruita per poter cacciare tutto l'anno

Sono bruni, bassi e devastatori. Dall’Appennino al lago Trasimeno, i cinghiali scorrazzano liberi nelle terre umbre. Secondo la Regione, con la pandemia, il blocco degli spostamenti e della caccia, il loro numero è lievitato. Gli agricoltori li temono e i cacciatori non riescono a contenerli. «Sono più di centomila in Umbria, troppi. Devono diminuire della metà». A dirlo è il presidente di Coldiretti Umbria, Albano Agabiti. Anche lui è un agricoltore, anche lui è vittima di quelli che chiama “branchi impazziti”: «Mangiano tutto. I miei campi sono stati devastati». Animali notturni e onnivori, sono diventati un incubo anche per gli automobilisti, che se li trovano in mezzo alla strada. Ad oggi, non esiste un censimento esatto della specie. Manca però uno strumento efficace limitarli. «La riapertura della caccia è un primo passo – dicono le associazioni di settore – ma serve un tavolo di coordinamento».

Terra di assessori e cacciatori – Con un’ordinanza regionale l’assessore alle politiche agricole, Sergio Morroni, ha autorizzato la caccia di selezione ai cinghiali in Umbria: «Abbiamo messo in campo anche altri strumenti, ma il problema è nazionale, non solo umbro». Questa soluzione però non mette d’accordo tutti. Pur riconoscendo che i cinghiali sono troppi, la caccia non è l’unica strada percorribile. E a dirlo è proprio un cacciatore, il presidente di Arci-Caccia Umbria, Emanuele Bennati: «La risposta non è questa. Basare l’azione contro questi animali solo sull’abbattimento finalizzato all’attività venatoria non dà risultati immediati». Invece va gestito il territorio: «In Umbria – continua Bennati – migliaia di ettari sono abbandonati dall’agricoltura, diventando così terreno ideale per l’espansione della specie». Ben venga, quindi, il contributo di tutti, dagli agricoltori agli ambientalisti.

C’è chi dice no – Difficile non vedere i danni causati dai cinghiali. Ma l’allarme lanciato non è condiviso da tutti. Secondo Fabio Rossi, presidente di Confagricoltura Umbria, «il problema dei cinghiali è di tipo economico e basta. Anzi, se non ci fossero i cacciatori, non ci sarebbero i cinghiali». Sarebbe quindi in atto una sorta di strategia della tensione in salsa faunistica. Secondo Rossi, «i cacciatori allevano i cinghiali» per poi liberarli e giustificarne la caccia. E se persino Confagricoltura è scettica, gli ambientalisti non si dicono di certo soddisfatti. Per la presidente della Lega Anti-Caccia dell’Umbria, Maria Patrizia Latini non ci sono dati pubblici sul numero dei cinghiali nella regione: «Come si può parlare di emergenza? Tutta questa situazione – conclude – sembra costruita per poter cacciare tutto l’anno».

Altri guai all’orizzonte – Non preoccupano solo i cinghiali. In alcune aree è forte l’incremento dei caprioli: anche loro appartenenti alla famiglia degli ungulati, si sono riappropriati delle colline e dei boschi dimenticati dall’uomo. Vanno monitorati, ma la loro espansione non agita gli esperti. Stesso discorso vale per daini e cervi, in crescita ma sotto controllo. Più delicato il discorso sui lupi. Anche qui, numeri certi non ci sono. La specie era quasi scomparsa in Umbria, oggi sta dilagando. Le tracce che lasciano sugli allevamenti sono evidenti, anche se per ora – incredibile a dirsi – in Umbria più che i lupi spaventano i cinghiali.

Autore

Giulio Ucciero

Nato a Jesi (Ancona) l'11 gennaio 1997. Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l'Università Cattolica di Milano, con un periodo Erasmus a Lisbona. Vive tra Milano e Roma. Giornalista praticante del XV biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.