L’Umbria si spopola: ogni anno persi gli abitanti di un piccolo comune

Meno nascite e poche opportunità lavorative: la regione ha perso oltre 30mila persone nell'ultimo decennio, di cui 11mila solo nel 2019. Ma sono ancora da valutare gli effetti della pandemia
L’Agenzia Umbria Ricerche mette in guardia sui rischi economici dell’invecchiamento della popolazione. Mario Bravi, Cgil Perugia: «Aiutando i più anziani daremmo lavoro ai giovani»

Nel 2010 la popolazione in Umbria aveva toccato il suo apice, oltre 900mila residenti. A distanza di un decennio la curva demografica ha assunto irrimediabilmente segno negativo: la regione ha perso oltre 30mila residenti, di cui 11mila solo tra il 2019 e il 2020.

Giovani senza prospettive – Poi ci sono sono i giovani, la prima generazione dal dopoguerra che si trova a dover affrontare un futuro economico peggiore di quello dei propri genitori. I dati sulla disoccupazione umbra evidenziano quanto sia difficile tornare al livello pre-crisi 2008, con un saldo di 37.000 occupati under 35 in meno. Una società ormai al contrario in cui sono i nonni, con i loro risparmi, a fare da salvagente.

Il serbatoio segna rosso – La domanda è: se continua a diminuire la fascia di popolazione che produce reddito, tra i 15 e i 64 anni, quali saranno le conseguenze economico-sociali? All’inizio del 2020 si registravano 61 persone improduttive ogni 100 lavoratori: gli effetti sul lungo periodo dell’anno pandemico, uno shock dal punto di vista socio-demografico, sono ancora imprevedibili. Secondo Giuseppe Coco di Aur è un problema di sostenibilità: «Non c’è voglia di fare figli – dice – o di rimanere nel borgo di origine perché mancano certezze sul futuro. Servirebbero delle azioni amministrative circoscritte per aree».

Ripartire dagli anziani – Mario Bravi, segretario del Sindacato pensionati italiani Cgil di Perugia, ha un’idea per invertire la tendenza allo spopolamento: «Gli anziani in Umbria sono il 26% – sottolinea – se tornassero con la pensione nei piccoli centri, invitati da un welfare su misura, sul lungo periodo richiamerebbero anche la forza lavoro più giovane». Reti assistenziali più capillari, infrastrutture migliori, valorizzazione dei centri storici sono le tre direttrici su cui l’Umbria dovrebbe puntare, secondo Bravi, per risollevarsi: senza queste il territorio perde attrattiva ed è difficile che le persone vadano dove non ci sono opportunità.

Autore

Elettra Bernacchini

Originaria di Recanati (MC), laureata in Semiotica all'Università di Bologna. Giornalista praticante del XV biennio della Scuola di giornalismo di Perugia.