I nuovi poveri al tempo del coronavirus

Con il lockdown sempre più famiglie in difficoltà sono obbligate a risparmiare: pasta, farina e prodotti a lunga conservazione tra gli alimenti più richiesti
Boom di richieste agli enti assistenziali come Caritas e Banco alimentare per riuscire ad arrivare alla fine del mese. File, gente con guanti e mascherine, cassiere dietro pannelli di plastica e un clima surreale. Andare a fare la spesa, oggi, è forse uno dei pochi momenti di socialità del lockdown, ma i disagi non sono pochi.

I SUPERMERCATI – Le grandi catene di distribuzione sono tra le poche realtà che hanno visto aumentare i propri fatturati negli ultimi due mesi e questo vale anche per i piccoli alimentari di paese. Siamo andati in uno dei supermercati di Perugia, in un venerdì pomeriggio. Erika, la proprietaria, racconta come si lavori molto di più ma in condizioni peggiori. “Ciò che mi spaventa – dice – è entrare in contatto continuamente con persone sconosciute, vivo nel terrore che nonostante mascherina e guanti possa prendermi il virus”. Ma i disagi non solo psicologici, sono anche pratici: le persone entrano distanziate e devono attendere prima di iniziare a fare la spesa “abbiamo previsto che al massimo possano entrare 15 persone alla volta – aggiunge Erika – il problema è che a volte dobbiamo mettere fretta ai clienti, perché fuori ce ne sono sempre di nuovi”.  Il volume di spesa è aumentato e si calcola che mediamente ogni famiglia spenda circa 200€ in più al mese in alimenti. I prodotti più richiesti sono i generi di prima necessita come uova (+59%), farina (+185%) e latte (+62%) (Fonte Nielsen nel periodo tra il 9 e il 30 marzo 2020). “Molti non hanno i soldi per pagare e così ai clienti che conosciamo abbiamo deciso di fare credito – ci dice Erika – ma sono anche aumentati i tentativi di furto, non è difficile scoprire persone che nascondano qualche mela o qualche busta di farina”.

LE PERSONE – Fuori dal supermercato ci sono cinque persone che rispettando le distanze di sicurezza e muniti di mascherine e guanti attendono pazientemente il loro turno. Sono quasi tutte donne e due sono anziane. “Vengo a fare la spesa solamente una volta a settimana – ci spiega una di loro – compro soprattutto farina, latte e prodotti in scatola, sto attenta a prendere ciò che costa di meno perché mio marito è una partita iva e io non lavoro”. “Io ho una figlia all’Università e sono in cassa integrazione – ci dice un’altra donna – se continua così non so se a crisi finita avrò più un lavoro e chissà come farò la spesa”. 

BUONI PASTO – Molti sono già nella condizione di non riuscire a comprare il cibo. Il governo ha fatto avere ai Comuni circa 400 milioni di euro per assistere le famiglie in difficoltà e di questi all’amministrazione comunale di Perugia sono arrivati quasi 900mila euro. Il Comune aveva preventivato che circa 2000 famiglie avrebbero richiesto l’ausilio, ma le domande presentate sono state più del doppio, ci spiegano da Palazzo dei Priori. I buoni spesa hanno un importo variabile da 200 a 600 euro, in base al numero dei componenti del nucleo familiare e sono erogati tramite voucher, spendibili in alcuni supermercati selezionati dal Comune. Tuttavia, essendo questo un contributo una tantum, non basta a risolvere un problema di povertà così generalizzato.

CARITAS – Lo sanno bene alla Caritas che dall’inizio dell’emergenza ha visto l’afflusso di persone aumentare in modo esponenziale. “Abbiamo fame”: è questa la frase che Giancarlo Pecetti, presidente della sezione di Perugia, si sente ripetere al telefono continuamente. “Non sappiamo bene come far fronte alle tante richieste – aggiunge – ma per fortuna siamo ancora capaci di tanta solidarietà. Mi ha molto colpito un titolare di una pescheria, che con garbo e discrezione, ci ha portato quattro cassette di orate e di brAnzini”. 

BANCO ALIMENTARE – Prima del lockdown erano 18mila gli assistiti dal Banco Alimentare, organizzazione che si occupa di recuperare le eccedenze dell’industria alimentare per ridistribuirle gratuitamente nella nostra regione. Oggi sono più di 23mila e il presidente regionale della fondazione, Valter Venturi immagina che aumenteranno ancora. Per lui, abituato da anni a vedere stranieri e disoccupati chiedere aiuto, è strano occuparsi oggi anche di piccoli imprenditori: “Quelli che stanno sperimentando ora la povertà sono persone che fino a febbraio vivevano del loro lavoro, piccoli artigiani che faticosamente si sudavano il pane quotidiano. Ora che non possono più lavorare non riescono più neppure a fare la spesa per i propri figli”. 

Autore

Luca Marroni

Nato a Perugia il 02/08/1992. Laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Perugia. Giornalista praticante del XIV Biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.