Fenomenologia del lockdown: quale impatto sulla psiche?

Gli psicologi: «Aspettiamoci un picco di disturbi, il sistema pubblico è impreparato». Già si studia come la pandemia cambierà il modo di stare in società: i pro e i contro
La quarantena aumenta il disagio psicologico, “stressometro” ai massimi, cresce l’uso di psicofarmaci. Lo tsunami economico amplifica le tensioni sociali

C’è chi ormai ha perso il conto di quanto tempo ha passato senza uscire di casa. Chi invece, se non scende una volta al giorno per una passeggiata, rischia di impazzire. E poi ci sono le angosce che incombono sul futuro di ognuno di noi, i soldi che mancano, l’incertezza, e tutto il tempo per i pronostici e le riflessioni: da questo periodo usciremo migliori o peggiori? Più umani o più alienati?  Tutti cediamo al fascino dello slogan per semplificare questioni difficili, e forse solo il tempo risponderà a questi interrogativi. Ma ora che la morsa del virus sembra allentarsi e in tutto il mondo si torna timidamente a discutere di normalità, è il momento di tirare le prime somme.

Stressometro e farmaci – Secondo lo “stressometro” realizzato dall’Istituto Piepoli di Milano, otto italiani su dieci dichiarano che il proprio livello di disagio è aumentato durante la pandemia, e per la metà di questi la causa è nell’isolamento (dati 8 aprile, nello stesso sondaggio al 24 febbraio erano il 60%). «Sono aumentati soprattutto gli ‘iper-stressati’, cioè gli intervistati che in una scala da uno a dieci ci hanno risposto di sentire un livello di esaurimento pari a 8 o superiore», commenta Livio Gigliuto, vice presidente dell’Istituto, «nei sondaggi più recenti assistiamo a un lieve decremento perché la curva dello stress segue quella epidemica: piano piano ci stiamo abituando alla situazione». 

L’aumento nel consumo di psicofarmaci durante il lockdown è un altro aspetto interessante. Non esistono ancora dati aggregati, ma l’azienda di distribuzione Farmacentro, che rifornisce la gran parte delle farmacie dell’Italia centrale, ha registrato nel mese di marzo un incremento medio del +20% nella fornitura di ansiolitici e antidepressivi rispetto all’anno precedente in Umbria, dove serve una farmacia su due. «In parte l’aumento è dovuto all’effetto scorta, che riscontriamo anche in altri prodotti come gli antidolorifici», commenta Paolo Masciarri, direttore tecnico, «ma restano numeri molto significativi, specialmente perché nel 2019 c’era stato un decremento del 4,3%».
Vari indicatori, insomma, suggeriscono che c’è il pericolo di una crescita del “disagio psicologico” negli italiani, destinato ad accentuarsi con la crisi economica. Secondo David Lazzari, presidente del Cnop (Consiglio nazionale ordine psicologi), «le conseguenze saranno a lungo termine e dobbiamo aspettarci molti disturbi di adattamento che ora sono sommersi. Il che ci porta a un’ulteriore fragilità: nelle Asl ci sono pochi psicologi e non tutti hanno risorse per rivolgersi a un professionista privato».

Supporto psicologico – Per contenere i possibili livelli di disagio nella popolazione, in Umbria è stato attivato il numero 800636363 con due linee di supporto psicologico, una dedicata a persone affette da Covid-19, familiari e operatori sanitari, l’altra (solo nella Usl 1) per tutti i cittadini. «La grande maggioranza delle persone accusa una forte ansia relativa a questo periodo», dice Antonella Micheletti, psicoterapeuta, «le chiamate sono già state molte e abbiamo ricevuto richieste di supporto diversificate, in uno spettro d’età dai venti ai settantacinque anni». Si va da uno a quattro sedute gratuite di supporto telefonico da parte degli psicologi Asl. In aggiunta, il Consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi ha attivato un portale online a cui hanno aderito spontaneamente già molti professionisti: 178 in Umbria. Indicando la provincia di residenza nel motore di ricerca, si accede a una mappa in cui sono indicati i vari psicologi che partecipano al progetto, con indirizzo e numero di telefono. Il primo consulto è gratuito. 

Disordine sociale – Se è vero che la collettività è una somma di individui, è possibile che il disagio personale causato dal virus si rifletta sull’ordine sociale?  Massimo Cerulo, professore universitario di sociologia, dà una prima risposta: «L’elenco delle emozioni che abbiamo provato durante la quarantena è da manuale. Prima ci sono state paura e tristezza, legate al timore di morire e alle ansie sul futuro. Abbiamo provato a esorcizzarle con una dose di entusiasmo, come dimostrano i flash mob dai balconi, ma ora sta subentrando la rabbia. Ed è qui che la tenuta sociale scricchiola», aggiunge, «perché la violenza su grande scala fa saltare le regole del gioco, e va assolutamente depotenziata». A maggior ragione ora che le agenzie prevedono un -8% di Pil per l’Italia nel 2020, con il rischio che si crei una intera classe sociale di nuovi poveri. 

Reati  Numeri alla mano, secondo un recente rapporto pubblicato dalla Direzione generale della polizia criminale, durante la quarantena in Italia i reati sono crollati del 64%. C’era da aspettarselo: in Umbria, ad esempio, sono 711 contro quasi 1800 commessi nello stesso periodo (prime tre settimane di marzo) dello scorso anno. Ma alcune categorie di reato, come i maltrattamenti in famiglia, sono calati “meno” degli altri, del 43%. Alcuni, poi, come il sequestro di persona a fini sessuali o estorsivi, sono addirittura aumentati rispettivamente del 66% e dell’83% (anche se i numeri, in sé, sono comunque bassi: 3 casi e 6 casi a marzo 2019, contro 5 e 11 nel 2020). A ciò bisogna aggiungere che la quarantena ha diminuito il numero delle denunce e quindi ci sono molti reati “sommersi”. Il legame fra lockdown e violenze domestiche è stato messo in evidenza anche dal segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, con un appello ai governi a prendere tutte le misure possibili di contrasto al fenomeno. 


Cambieremo? – Oltre al disagio psicosociale, in molti si pongono lo stesso interrogativo: da questa pandemia usciremo cambiati, magari con nuove priorità, o il mondo tornerà rapidamente sui propri binari? «Molte fotografie testimoniano che anche durante la febbre spagnola, nel 1920, la popolazione girava in mascherina e rispettando le distanze» continua Cerulo, «ma, una volta terminato l’allarme, le forme di socialità ‘corporale’ sono tornate quelle di prima, specialmente nei giovani. Starei attento a trarre conclusioni eccessive: la pandemia velocizzerà alcuni importanti cambiamenti sociali, come il potenziamento del telelavoro, ma l’uomo rimane lo stesso, con i suoi limiti e i suoi bisogni». Già, l’uomo, il grande assente di questi primi mesi dell’anno, quell’animale sociale che per natura desidera e cerca il contatto e la presenza fisica dei suoi simili. Basti pensare, per noi italiani ma non solo, al senso quasi religioso di socialità che si trova nei caffè: i luoghi di scambio per eccellenza in cui, fra Settecento ed Ottocento, sono nate e si sono diffuse molte delle correnti di pensiero, culturali e artistiche di quell’Europa moderna che ora, a bar chiusi, deve capire come rifondarsi dopo l’ennesima guerra.

Autore

Giovanni Maria Gambini

Nato a Assisi il 23 aprile 1992. Diplomato al Liceo Classico A. Mariotti di Perugia. Laureato in Giurisprudenza all'Università degli Studi di Perugia, con due periodi Erasmus a Madrid e Lisbona. Giornalista praticante del XIV biennio della SGRTV.