L’Umbria rossa che non c’è più

Negli ultimi dieci anni la sinistra regionale ha perso quasi la metà del suo elettorato. La fine di una certezza politica e di un mito che sembrava intramontabile
Crescono i comuni amministrati dal centrodestra e scompare il 'voto di appartenenza'. Stramaccioni: «La classe dirigente è stata travolta dal crollo dello stato sociale»

La prima scossa è stata Perugia. La vittoria di Andrea Romizi alle amministrative del 2014 è apparsa subito come la fine di un’epoca: dal dopoguerra la città non aveva mai avuto un sindaco non di sinistra. Eppure il declino, lento ma inarrestabile, della sinistra umbra era cominciato prima. Già dagli anni novanta alcune roccaforti avevano iniziato a incrinarsi e il consenso ad alleggerirsi.

Umbria “rossa” – L’appellativo di regione rossa, condiviso con Toscana e Emilia-Romagna, è stato guadagnato dall’Umbria in decenni di successi elettorali della sinistra. L’economia di stampo agricolo e – a Terni – industriale aveva formato una classe di elettori fedeli e particolarmente dediti all’impegno civile. Negli anni ’70 il Pci arrivò ad avere quasi cinquantamila iscritti su nemmeno novecentomila abitanti, con percentuali elettorali vicine al 45%. Molto radicato anche il Partito socialista, che oscillava fra il 15 e il 20%.  Le elezioni comunali e provinciali erano vinte dalla sinistra con grandi margini, ma il vero capolavoro politico è stato la regione, governata da forze progressiste fin dalle prime elezioni del 1970.

Il rosso e il bianco – «In realtà, l’immagine di una regione rossa, o di un ‘regime politico chiuso’, è almeno in parte frutto di un’esagerazione propagandistica», precisa Alberto Stramaccioni, fra i massimi studiosi del tema. «La mia tesi – dice lo storico,  che è stato anche deputato dell’Ulivo dal 2001 al 2008 – è sempre stata quella di una diarchia fra le forze di sinistra e la democrazia cristiana, che pure aveva un forte peso sociale». 

Il declino – Ma fra il rosso e il bianco, almeno nelle istituzioni politiche, a prevalere è stato sempre il rosso. Ed è per questo che la perdita di consenso della sinistra, che è in linea con il resto del Paese, in Umbria ha un sapore più amaro. Il solo Partito Democratico è passato dal 44% del 2008, candidato premier Veltroni, al 25% delle politiche 2018, con Renzi segretario. E va male anche la sinistra radicale, passata da oltre il 10% a meno del 4. I due capoluoghi di provincia Perugia e Terni, considerati feudi rossi di livello nazionale, sono entrambi passati dall’altra parte, insieme a una lista crescente di ex roccaforti come Todi.

Le ragioni – Questo progressivo declino elettorale e identitario ha molte cause. «La crescita della sinistra – spiega in primo luogo Stramaccioni – è andata di pari passo con quella dello stato sociale. Con il ridursi del benessere è aumentata l’insofferenza verso la classe dirigente locale». Il sindacato non è immune dal disincanto rosso. «Si è sottovalutata – nota Gigi Bori, storico esponente della Cgil regionale –  la rinnovata aggressività verso i diritti conquistati dai lavoratori: sono venute a mancare le reti di protezione sociali e politiche». E i giovani? Per Michelangelo Grilli, 26enne, fra i più attivi democratici umbri, «anche la sinistra non ha saputo valorizzare l’impegno giovanile e selezionare la nuova classe dirigente» e quindi «non si può continuare a dare la colpa agli elettori».

La prima a Strasburgo – Carla Barbarella è stata la prima europarlamentare umbra, eletta nel 1979 con il Partito Comunista Italiano e poi di nuovo nel 1984. «La sinistra italiana era particolarmente apprezzata in Europa – ci racconta – perché considerata democratica e aperta. Oggi quei valori si stanno perdendo». «La politica – aggiunge  – ha le sue colpe, ma io vedo nelle persone un cambiamento più profondo: la gente ha girato la testa e ha perso interesse nella cosa pubblica».

L’artista – A Todi, nell’ex sezione del Pci, il grande murales realizzato da Mario Mirabassi nel 1970 racconta l’entusiasmo di quel periodo. «Erano tempi eroici – ricorda l’artista, fondatore del Teatro di Figura Umbro – dove ognuno si sentiva in dovere di fare la sua parte». Oggi Mirabassi è fra i tanti delusi che hanno abbandonato la politica. «Se quei tempi torneranno – ci dice – allora ci sarò anch’io. Ma ne dubito». 

Autore

Giovanni Landi

Giovanni Landi è nato ad Agropoli nel 1990. Laureato in Giurisprudenza, è dottore di ricerca in Scienze Giuridiche. È giornalista praticante presso la Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.