«Digiunavo per giorni e pesavo 27 chili: così sono guarita dall’anoressia»

La storia di Eleonora Lampugnani, ex paziente dei centri Dca di Umbertide e di Todi in provincia di Perugia
«Da sola non sarei guarita, ma è il paziente che deve volerlo. Sulla conoscenza dei disturbi dell'alimentazione ci sono pregiudizi», ha precisato

«Ero ricoverata in ospedale e al centro Dca di Umbertide. A Palazzo Francisci di Todi sono entrata nel gennaio del 2013. Avevo 25 anni. Ero affetta da anoressia nervosa. Prima del ricovero passavo dieci giorni senza mangiare né bere, avevo dolori al petto e pesavo 27 chili», racconta Eleonora Lampugnani, ex paziente del centro Dca palazzo Francisci di Todi e del Centro disturbo del comportamento alimentare di Umbertide della Usl Umbria 1. «Avevo la fobia delle calorie, dell’unto e del grasso. Mi pesavo molte volte al giorno e, se non potevo a casa, andavo a pesarmi in farmacia».

La giornata nazionale del fiocchetto lilla – Il 15 marzo, come ogni anno, viene celebrata la giornata nazionale dedicata alla consapevolezza dei disturbi del comportamento alimentare (Dca): si tratta di malattie di cui si parla poco, ma molto diffuse. Secondo le stime del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità, nel 2020 i pazienti affetti in Italia sono stati quasi 2 milioni e mezzo. Conosciuti anche come disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, sono classificati fra i disturbi psichiatrici e sono caratterizzati da un rapporto patologico con il proprio peso e il corpo. Sono potenzialmente mortali. I più noti sono l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata o «binge eating disorder» caratterizzato da abbuffate che non sono bilanciate da comportamenti di compensazione.

La ricaduta – «Con la gravidanza ho avuto una ricaduta e ho perso 10kg. Il centro di Umbertide mi accompagnava nel reintrodurre i pasti nella mia alimentazione. Al centro di Todi fu più facile, ero in una situazione meno estrema». Eleonora racconta che inizialmente veniva nutrita via vena, poi con i percorso prevedeva integratori e che i pazienti mangiassero tutti insieme. «C’era una cucina comune – spiega ancora Eleonora – si faceva anche danzaterapia» . L’attività si svolgeva a teatro ed era utile per riconoscere il proprio corpo, imparare a muoversi nello spazio, sfiorarsi. «Era difficile per un paziente riuscire a farsi toccare dalle altre persone», spiega. Poi c’era la terapia dello specchio, una terapia individuale dove il paziente si guardava e doveva poi disegnarsi. «Era una cosa forte, ti metteva davanti a quella realtà che non vedevi. Il supporto che avevo in ospedale era di persone competenti che facevano si che mi fidassi».

Patologie sottovalutate – «Queste patologie sono molto sottovalutate. Vanno viste come una malattia e non come un capriccio. Una persona che si ammala di Dca ha uno sfogo, un disagio. Sulla conoscenza dei disturbi dell’alimentazione ci sono dei pregiudizi», racconta ancora Eleonora. L’anoressia nervosa è il disturbo del comportamento alimentare più conosciuto ed è uno dei disturbi psichiatrici con il più alto tasso di mortalità. La bulimia, la parola deriva dal greco e significa “fame smisurata” o “fame da bue”, è una fame che supera le forze digestive dello stomaco. «Da sola non sarei guarita ma è il paziente che lo deve volere, la volontà conta tanto. Chi è affetto da questi disturbi vede il proprio aspetto fisico diversamente da come è. Per le cure mi aiutavano con dei farmaci, con la dietista scrivevo il diario alimentare. Il peso veniva controllato spesso e si faceva la terapia psicologica per capire se c’erano altri disagi. Infine i lavori di gruppo sulle emozioni, per imparare a gestirle e a relazionarsi con gli altri», conclude Eleonora.

Autore

Cristiano Conti Papuzza

Nato a Roma il 15/06/1996. Laureato in Giurisprudenza all'Università degli Studi "Roma Tre". Giornalista praticante del XVI biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.