Aerei senza pilota e armi intelligenti: come l’AI cambia la guerra

Dal sistema che individua fino a 400 bersagli al giorno usato da Israele a Gaza, fino al riconoscimento facciale per salvare i bambini ucraini
L'intelligenza artificiale è già usata in campo bellico: ora scende in campo anche OpenAi. E c'è chi immagina un futuro di combattimenti tra robot

Se l’intelligenza artificiale lascia a bocca aperta quando una chatbot come ChatGPT o Bard risponde a domande sul meteo o quando scrive interi temi scolastici al posto degli studenti, è perché si iniziano a intravedere gli impatti dell’evoluzione di questa tecnologia. Ma ci sono ambiti ben più sensibili in cui l’intelligenza artificiale sta sostituendo l’uomo. Uno lo abbiamo imparato a conoscere da due anni a questa parte: decidere coscientemente di togliere la vita a un’altra persona in guerra. L’IA, però, non ha coscienza – o per lo meno, ce l’ha solo nei film di Hollywood. Ora, secondo la testata The Intercept, persino OpenAI (l’azienda che ha creato ChatGPT) è pronta a utilizzare la propria conoscenza in ambito bellico. Ecco tre esempi di intelligenza artificiale usati in guerra, che ci dovrebbero spaventare.

Il “Vangelo” – A fine novembre, un’inchiesta della testata israeliana +972Magazine ha rivelato che le Idf (Israeli Defence Forces) hanno fatto spesso uso, nel corso dei bombardamenti sulla Striscia di Gaza, di un sistema chiamato “Habsora”: tradotto, “Il Vangelo”. È un sistema che permette di generare obiettivi da colpire a un ritmo mai visto finora: nei primi 35 giorni della guerra, secondo fonti militari citate da +972, le IDF hanno potuto colpire 15mila obiettivi, con una media di 400 al giorno. Per fare un confronto, nell’ultima grande operazione militare a Gaza nel 2014, la media fu di poco più di 100. «Vedete, in passato a Gaza c’erano periodi in cui creavamo 50 obiettivi all’anno – ha dichiarato l’ex capo di Stato Maggiore delle IDF Aviv Kochavi. – E qui la macchina ha prodotto 400 obiettivi in un solo giorno». Secondo i più critici, tra cui la stessa testata che ha rivelato l’esistenza di Habsora, il sistema di IA sarebbe responsabile di molte delle vittime civili dei raid israeliani a Gaza. Ciò a causa proprio della frenetica generazione di bersagli, che vengono individuati anche in zone densamente popolate.

Il riconoscimento facciale va in guerra – Anche nell’altro grande conflitto del nostro tempo, l’invasione russa dell’Ucraina, l’intelligenza artificiale la fa da padrona. Tra gli aiuti militari americani all’esercito di Kyiv, spiega il governo ucraino citato da Time, c’è anche quello fornito dall’azienda Clearview AI. Anche qui ci si muove nell’ambito del riconoscimento facciale, più per una funzione più “archivistica” e di intelligence che per l’individuazione degli obiettivi. Nella fase difensiva è cruciale saper riconoscere le truppe russe sul territorio per distinguerle dai propri soldati. Non solo: da una parte i funzionari ucraini possono rivolgersi a Clearview per individuare chi si infiltra ai posti di blocco e per riconoscere e perseguire i membri delle milizie filorusse e i collaborazionisti ucraini, dall’altra per aiutare i cittadini che hanno perso i loro documenti d’identità. Ci sono anche dei risvolti “umanitari”: Clearview ha aiutato Kyiv a localizzare più di 190 bambini rapiti che erano stati trasportati oltre il confine per vivere con famiglie russe.

Più di un pilota automatico – Dopo i droni telecomandati era solo questione di tempo: i caccia pensati per i combattimenti aerei saranno guidati dall’intelligenza artificiale. Anche qui di mezzo ci sono gli Stati Uniti. Nel 2022 la DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency, il braccio tecnologico del Pentagono) affermava che «non esiste attualmente un’intelligenza artificiale […] in grado di battere un essere umano legato a un jet da combattimento in un combattimento ad alta velocità e ad alta gravità». Un anno dopo, il 20 agosto del 2023, l’agenzia si è smentita da sola, mettendo in scena un combattimento aereo tra un’intelligenza artificiale e un essere umano alla guida di due jet ad alta velocità e alta gravità: macchina batte uomo 5-0. A vincere lo scontro è stato infatti un “pilota” artificiale sviluppato dalla Heron Systems. Saranno necessari altri esperimenti prima di affidarsi all’Ai in combattimenti aerei “veri”, ma sembra solo questione di tempo.

Autore

Pietro Forti

Nato a Milano il 22/06/1997, laureato in Scienze Storiche all'Università degli Studi di Roma Tre. Giornalista praticante del XVI biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.