Lupi e cinghiali si riprendono le campagne umbre, boom di avvistamenti anche in città

Silvana Diverio, docente di Veterinaria: «Non sono distruttori da eliminare ma animali bellissimi da gestire eticamente»
L'allarme di Ispra: «Boom di segnalazioni, in pochi decenni da 2 a 100 centri abitati»

Alcuni posano di fronte ai cellulari dei curiosi, altri fuggono spaventati dai fari delle auto. Cresce il numero dei cinghiali in Umbria e aumentano i loro contatti con l’uomo. Secondo l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) gli esemplari in Italia sono un milione e mezzo. Federcaccia ne ha contati 120mila solo nella nostra regione: 20mila in più rispetto allo scorso anno. In altre parole, quasi un cinghiale su 10 vive in Umbria. Ma non è sempre stato così: negli anni ’70 la popolazione locale era quasi scomparsa. Lo stesso vale, in proporzione, per i lupi. In 50 anni gli esemplari a livello nazionale sono passati da poco più di 100 agli attuali 3300, con una netta crescita anche a livello regionale.

Alta densità di cinghiali Se i cinghiali sono tornati a popolare i boschi dell’Umbria è soprattutto da attribuire all’azione umana. «Negli anni ’70 c’era una presenza capillare dell’uomo che combatteva la fauna e svolgeva un ruolo attivo di controllo delle specie selvatiche», spiega il dirigente Ispra Piero Genovesi, «c’era una fortissima contrazione anche per il cinghiale che è un animale adattabile». Ma nel corso dei decenni, l’arrivo dall’Europa dell’est di specie più tenaci e l’abbandono delle campagne da parte dell’uomo ha dato il via al recente sovraffollamento. «Da un lato ci sono i fattori ambientali», continua Genovesi, «dall’altro quelli socio-economici: prima l’agricoltura era povera e coltivava anche le cime delle montagne, ora si abbandonano boschi e cespugliati». Oggi i cinghiali danneggiano le coltivazioni e affollano le città.

Silvana Diverio, professoressa di Fisiologia veterinaria (UniPg)

La convivenza con il lupo – Nonostante la crescita degli ultimi anni, il lupo resta tuttora una specie protetta che fatica a diffondersi in Umbria. Il motivo è presto detto. «Ha una riproduzione diversa dal cinghiale», spiega la professoressa Silvana Diverio, docente di Fisiologia veterinaria a Perugia: «si accoppia una volta all’anno e di solito sono gli esemplari alfa a farlo». Non solo: «il lupo si avvale della forza del branco per cacciare», continua la docente, «se il branco è coeso si nutre di grandi prede». Quando subisce la concorrenza dei cacciatori – come avviene in Italia e in Umbria – è però costretto a vagare alla ricerca di prede minori. Eppure, gli incontri con l’uomo sono rari e poco pericolosi. «Culturalmente il lupo fa paura ma bisognerebbe cambiare l’immaginario collettivo», conclude la professoressa Diverio, «è un animale utile per contenere popolazioni problematiche come il cinghiale e non rappresenta un rischio per noi: non si contano neanche sulle dita di una mano le aggressioni all’uomo».

Autore

Andrea Ceredani

Nato a Firenze il 26/02/1998. Laureato in Filologia, Letteratura e Storia dell'Antichità. Giornalista praticante del XVI biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.