Prepararsi all’impensabile: dalla pandemia alla guerra

Festival del giornalismo: tra pandemia e guerra, la sfida di raccontare il presente all’incontro tra Mario Calabresi e Paolo Giordano
Lo scrittore: «Ancora non insegniamo ai ragazzi nelle scuole a informarsi: bisogna educare alla nuova informazione»

In brevissimo tempo, due eventi di portata straordinaria hanno stravolto le nostre quotidianità. Raccontare i fatti e avvicinarsi alla “verità” è un esercizio complesso, ancor più in un mondo iperconnesso e con una disponibiltà di informazioni senza precedenti. Nel loro dialogo, il giornalista e Ceo di Chora Media Mario Calabresi e lo scrittore Paolo Giordano hanno affrontato i dilemmi di questo tempo di crisi.

Impensato e impensabile –  Quanto siamo attrezzati a recepire e metabolizzare l’inatteso? È la prima questione che si pone Mario Calabresi.  «Abbiamo vissuto e stiamo vivendo un tempo di cose inimmaginabili, che non potevamo prevedere. Se avessi visto un film dove si diceva che un virus avrebbe colpito la terra e avrebbe costretto in casa oltre 4 miliardi di persone, probabilmente avrei cambiato canale perché l’avrei considerato una sciocchezza». In questi giorni, la seconda puntata della saga con la minaccia di una guerra nucleare. «Virus, lockdown, guerra: siamo di fronte a una totale impensabilità più che all’imprevedibilità dei fatti», aggiunge Giordano. 

Le negazione – C’è un dato comune tra guerra e pandemia: l’emergere della negazione. Si nega il virus, si nega l’efficacia dei vaccini, si nega il pensiero scientifico. Oggi si arriva a negare addirittura l’esistenza stessa della guerra: «Spesso i negazionisti coincidono: sono rimasti seduti nella stessa poltrona dello stesso talk show, ma hanno cambiato semplicemente argomento», dice Calabresi. «Ci sono due forme di resistenza a queste novità – commenta Giordano – da una parte, rifiutare l’ipotesi di un cambiamento drastico; dall’altra, la ricerca di una posizione di non coinvolgimento»: quest’ultima, per lo scrittore, è quella che si può perdonare di meno. E’ uno degli effetti paradossali che la globalizzazione, nel tempo, ha prodotto: i mezzi tecnologici, creati per abbattere le barriere, «invece di aprirci, sembrano averci relegato e confermato sempre di più ciò che già sappiamo».

Le sfide dell’informazione  – Siamo entrati definitivamente nell’era delle bolle, concordano entrambi. Una constatazione che apre un scambio acceso sugli errori e sul futuro del giornalismo. «Non siamo più alle opinioni alternative, ma agli “alternative facts”, termine coniato durante gli anni dell’amministrazione Trump», riflette Calabresi. Un fenomeno che ha generato una crescente polarizzazione, oggi sempre più evidente. Giordano pone una questione cruciale: «Continuiamo a credere che ci sia la verità del fatto, ma questa non è sufficiente. Come si continua a fare informazione in un mondo come questo?». Una domanda a cui il Ceo di Chora Media non si sottrae: meno opinioni e più fatti, recuperando le sfumature e i colori nel racconto.

Letteratura come anticorpo – Il giornalista non è il solo a dover compiere lo sforzo di comunicare le crisi del presente: tutta la società si trova alle prese con l’impensabile che diventa realtà. Quali gli strumenti per affrontare l’inatteso? «Su di me ho sempre osservato che sono state alcune letture, anche non attuali, a prepararmi inconsapevolmente a cose che sarebbero successe», dice ai nostri microfoni Paolo Giordano. La letteratura, però, non è l’unico anticorpo possibile: «c’è da costruire un’educazione a questa nuova informazione: in fondo, ancora non insegniamo ai nostri ragazzi nelle scuole a informarsi». 

La resistenza dei giovani – Quella dei giovani è la categoria sociale che ha pagato il prezzo più alto della crisi degli ultimi due anni. «Noi siamo cresciuti sempre in un tempo di pace, di progresso, di benessere», spiega Calabresi. «Loro, invece, hanno conosciuto l’impensato e lo terranno sempre impresso nel patrimonio: hanno provato la resilienza e la resistenza che altri non hanno avuto. Saranno più forti di noi». Non sono degli “sdraiati”, come spesso vengono definiti: sono, forse, loro a poterci indicare una strada per uscire da queste crisi. 

Autore

Marco Di Vincenzo

Nato a Tivoli il 25/09/1992. Laureato in Giurisprudenza all'Università "Sapienza" di Roma. Giornalista praticante del XV biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.