Luca Guadagnino: «Il cinema tornerà nelle sale»

Il regista di "Suspiria" e "Call me by your name" sulle prospettive dell’industria nel post pandemia. «Mi auguro che i cineasti sapranno illustrare le ansie e il clima di emotività che questo virus ha generato»
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La pandemia ha paralizzato il mondo ma, se alcune industrie hanno potuto continuare la loro produzione, quella del cinema – non considerata essenziale – ha dovuto chiudere i battenti, dalle sale ai set. Soltanto in Italia sono un centinaio le produzioni che si sono fermate, considerando anche soap opera e serie tv. Abbiamo incontrato il regista Luca Guadagnino a cui abbiamo fatto qualche domanda sul futuro dell’industria cinematografica nel mondo post Covid-19.

In attesa della riapertura dei set si pensa ai protocolli di sicurezza: distanziamento fisico, test sierologici alla troupe ogni giorno, mascherine eccetera…è fattibile?

«L’industria cinematografica si basa già su regole ferree e molto precise, su autodisciplina e routine da seguire costantemente. Aggiungere a queste pratiche i protocolli di sicurezza sul Covid-19 non penso che sarà un problema. Il punto è che in questo modo la pratica del cinema diventerà più costosa, e resta il nodo delle assicurazioni, la copertura per i rischi di produzione a causa del virus».

In questi mesi di lockdown non c’è stata scelta: i film li abbiamo visti a casa. Basta uno schermo e una piattaforma di streaming. Il cinema tornerà al cinema?

«Senza dubbio il cinema tornerà nella sale. L’istinto e la necessità delle persone di trovarsi insieme in un luogo non cambierà in alcun modo. Parliamo di forme di fruizione diverse. Coesisteranno».

La pandemia ha condizionato la nostra quotidianità ma anche il nostro immaginario, le nostre paure personali e collettive. Secondo lei il Covid-19 sarà una fonte di ispirazione per i registi?

«Mi auguro che lo diventi e che i cineasti sapranno illustrare le ansie e il clima di emotività che questo virus ha generato. Se sarà una fonte narrativa solo per film catastrofici o strettamente connessi all’evento in sé, a mio avviso sarà meno interessante. Pensiamo al cinema horror statunitense degli anni Settanta. Prodotti come “La notte dei morti viventi” o “Zombi” non raccontavano la guerra del Vietnam, ma hanno portato sullo schermo le paure e le angosce che quel conflitto stava generando nel popolo americano».

Film, corti e documentari girati con telefonini e iPad. Un tempo sarebbe sembrato impossibile mentre oggi è realtà. Il futuro va in questa direzione?

«Il cinema è una questione di linguaggio visuale, ciò da cui la nostra retina è colpita nella giustapposizione delle immagini. Anche Giotto è cinema. Sicuramente ci può essere cinema anche nelle riprese di un cellulare, ma ciò che conta è il punto di vista. Senza un punto di vista, puoi avere la più scintillante delle macchine da presa o il modello di smartphone più innovativo, ma non avrai cinema. Non è una questione di mezzi tecnici. Non lo è mai stata».

Autore

Bianca Giammanco

Nata a Palermo il 9 Giugno 1995. Laureata in Scienze della comunicazione presso l'Università della Svizzera Italiana (Lugano), con un periodo di studio all'Université Lumière Lyon II in Francia. Giornalista praticante presso la Scuola di giornalismo radiotelevisivo di Perugia e studentessa del corso 2019 della Scuola di Politiche.