Siamo ostaggio delle “fake news”

Le "bufale" hanno conosciuto una crescita esponenziale. Prima il web e poi i social media hanno dato impulso a questo fenomeno legato alla disinformazione.
Anche l'Umbria non è immune alla diffusione di notizie (false) incontrollate.

Chi va troppo veloce rischia di schiantarsi. Vale per le gare automobilistiche come nella corsa alla notizia. Con la differenza che, nel secondo caso, arrivare primi non è più la strategia vincente: preso dalla smania di bruciare i concorrenti sul web, il giornalista che preme troppo sull’acceleratore aumenta il rischio di generare e diffondere le ormai famigerate “fake news”. Sono le notizie false, entrate nel nostro lessico quotidiano negli ultimi anni, particolarmente con la diffusione delle reti sociali come aggregatori di notizie.

Bufale per tutti – Dalle più innocue a quelle costruite per creare un danno a una categoria o a una persona, le notizie false proliferano a tutti i livelli. Ed esistono professionisti della disinformazione che si occupano di costruirle e diffonderle ad arte via Internet. “Le ‘fake news’ ci sono anche in Umbria, ma nella dimensione locale è più facile verificare ciò che è accaduto”, spiega il direttore del Corriere dell’Umbria Davide Vecchi, intervenuto all’incontro sul tema alla Festa della Rete a Perugia. Qualche esempio? Bastò una telefonata all’agenzia immobiliare per smentire la notizia della vendita della casa che fu teatro dell’omicidio Meredith Kercher, a Perugia, per trasformarla in un museo.

I dubbi restano-Non tutta la verità si discerne così facilmente: il buco di bilancio attribuito a Donatella Tesei nel ruolo di sindaco di Montefalco è stato lanciato, rilanciato, smentito e ripreso, con numeri diversi, ancora dibattuti. “I maggiori divulgatori di fake news sono i politici – osserva Vecchi – “C’è la manipolazione della notizia, per l’abitudine dei politici a pretendere di vedere pubblicato ciò che dicono così com’è, senza riscontri né filtri. Dall’altro lato, le persone non sono più abituate all’approfondimento, ma si limitano a sposare la prima tesi che recepiscono, come accade sui social. E’ interessante osservare come le ultime polemiche non siano su dati, ma su opinioni. Intanto, con la velocità del web i giornali perdono: devono fare concorrenza all’informazione superficiale ma rapida e, allo stesso tempo, devono approfondire”.

Web reputation- Nella migliore delle ipotesi, il giornalista che pubblica notizie false danneggia la propria reputazione; nella peggiore contribuisce ad avvelenare i pozzi dell’informazione. Per alcuni è un problema legato all’avvento del web: “Lo scoop oggi fa venire meno l’affidabilità della notizia, a guidare sono i clic da monetizzare in pubblicità – osserva Gabriele Gambini di Tv Zoom – in più oggi gli influencer che lavorano da giornalisti sono potenzialmente pericolosi”. Per altri il problema è connaturato alla sofferenza del sistema dei media tradizionali: “Giornalisti e giornali sono principali responsabili di produzione delle ‘fake news’ – sottolinea Vecchi – “E’ colpa della velocità ma anche delle scelte editoriali, gli editori non investono nel personale e giornalisti o stagisti non formati si trovano a essere buttati nella vasca degli squali”.

Come uscirne?-La risposta è unanime: con lentezza, rinunciando all’arrivare per primi per dare priorità ad approfondimento e verifica delle fonti. Secondo un sondaggio Doxa, nel 2018 un italiano su due ha creduto a una fake news. Nessun sondaggio ci informa ancora quanti poi riescano a trovare l’informazione veritiera e a ricredersi.

Autore

Pierfrancesco Carcassi

Nato a Padova il 17 maggio 1990. Laureato in Lettere Classiche all'Università Ca' Foscari Venezia. Giornalista praticante presso la Scuola di Giornalismo di Perugia.