Cioccolato, quanto vale oggi l’oro nero dell’Umbria

Il Bacio Perugina compie 100 anni: l'industria regge, ma sono solo sette le realtà artigianali attive
La storia di una piccola impresa di Norcia, che resiste nonostante terremoto, pandemia e carenza di materie prime

Nel 2022 il Bacio, uno dei prodotti umbri più noti a livello internazionale, compie un secolo. Oltre al colosso Perugina, il territorio ha poche ma valide realtà nel settore del cioccolato. Sono solo sette le aziende artigiane attive al termine del 2021, con una impresa persa rispetto all’anno precedente.

I dati – Questo nonostante la pandemia abbia dato ulteriore slancio al mercato del cioccolato, già di per sé in buona salute. A livello nazionale, nel 2020 il fatturato si è avvicinato per la prima volta ai 5 miliardi di euro, con un aumento percentuale a doppia cifra. Merito dei consumi, schizzati in alto durante il lockdown, quando una stecca dava sollievo al morale. Nonostante ciò, gli italiani non sono dei golosoni: dai dati Euromonitor consumiamo 4.9 kg a testa di cioccolato all’anno contro una media europea di 11.

Più forti di tutto – Tra le sette imprese artigiane umbre, la storia più particolare è quella di Vetusta Nursia, azienda di Norcia a conduzione familiare gestita da Arianna Verucci. Dieci dipendenti, per la maggior parte donne, con lo stabilimento in via della Stazione e il punto vendita ancora in una casetta provvisoria. «Tutto comincia – spiega – nel 1985 per un capriccio di mio papà. Vivevamo a Roma e lui, nursino d’origine, decise di tornare a casa per dimostrare che a Norcia non esistono solo salumi e tartufi». Dopo un’iniziale diffidenza, Arianna si è fatta convincere, diventando il perno dell’azienda, in crescita fino al 2016. «Il terremoto – commenta – ha distrutto lo stabilimento. Ci siamo rimboccati le maniche e siamo ripartiti». Ma le disgrazie non arrivano mai sole: «Il 28 dicembre 2016 – rivela – è morta mia mamma, un mese dopo è stata la volta di mio papà. Mi sono quindi trovata da sola e con una montagna di debiti. La pandemia è stata un’altra mazzata, proprio quando stavamo ripartendo». Le conseguenze durano a tutt’oggi: «Ho passato un Natale facendo i salti mortali per lavorare – dice – e ho dovuto smettere di prendere ordini perché non arrivava più la materia prima per realizzare i prodotti».

La crisi continua – Il problema non si è risolto, anzi, è persino aggravato: «La stagione pasquale – evidenzia Arianna – è un grosso punto di domanda. Le sorprese all’interno delle uova sono quelle dell’anno scorso perché ci sono avanzi di magazzino. Per la prima volta, quindi, differenzieremo tra linea giovani e adulti, inserendo per questa fascia i prodotti di cioccolato, in modo da contenere i costi». La lista delle difficoltà è lunga: manca, ad esempio, anche la carta per confezionare le uova, nonostante costi 2 euro in più al kg rispetto a un anno fa. «Inoltre l’azienda che ci rifornisce di cioccolato – prosegue Arianna – ha informato che scarseggia lo zucchero, quindi per avere la merce mi sono caricata con un maxi ordine di 50 mila euro di prodotto grezzo». O così o ad aprile niente uova: «Me la devo rischiare perché altrimenti non si va avanti – confessa – ogni tanto mi deprimo, ma poi mi rialzo e dico: me dovete spara’ per fermarme».

Autore

Alberto Vigonesi

Nato a Vicenza il 01/10/1990. Laureato in Politica Internazionale e Diplomazia all'Università degli Studi di Padova. Giornalista praticante del XV biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.