Tartufo, l’oro nero della Valnerina: una storia lunga più di 170 anni

Alla scoperta del museo del tartufo di Scheggino, dedicato al prodotto simbolo della regione e della famiglia Urbani, la prima a portarlo oltreoceano
Olga Urbani: «Ho voluto condividere con tutti la storia della mia famiglia, dalla nascita fino allo sbarco negli USA, incluse le lettere con i presidenti americani»

Scheggino è un piccolo borgo affacciato sul fiume Nera. Ha poco più di 400 abitanti, ma ospita un particolarissimo museo: quello del tartufo, prodotto che ben rappresenta l’eccellenza gastronomica umbra nel mondo. Ma non è stato sempre così. Un tempo il tartufo era merce di scambio nel baratto e all’estero non era affatto conosciuto. Le cose sono cambiate con la nascita della azienda Urbani.

Un’eredità per tutti – «Quando mio padre venne a mancare, mi sono messa a cercare quello che poteva avermi lasciato per andare avanti». Lo racconta con la voce commossa Olga Urbani, presidente della Urbani Tartufi, l’azienda di famiglia che da Scheggino ha portato il tartufo fino agli Stati Uniti. È cavaliere del lavoro, come lo era suo padre, e sua è stata l’idea di aprire il museo. «Non ho trovato una vera e propria “guida” per andare avanti, ma ho trovato – dice – tutto quello che vedete qui». Articoli di giornale, lettere, attrezzi per la lavorazione del tartufo, foto dei primi impiegati nell’azienda. Tutto raccolto nella cornice del primissimo stabilimento.

Le origini – «Il tartufo non nasce come il prodotto prezioso che conosciamo oggi. All’inizio era oggetto di scambio nel baratto, né più né meno di altri prodotti» racconta. Poi l’intuizione: «Carlo Urbani prese spunto dai francesi e capì che il tartufo non solo poteva essere venduto, ma anche esportato all’estero». Nel museo sono ancora conservati due grandi barattoli che mostrano come i tartufi venivano conservati per essere venduti: nel contenitore di vetro c’è anche del sugo, che li manteneva freschi dopo giorni o addirittura settimane di trasporto.

La scoperta dell’America – Dalle carte conservate nel Museo del Tartufo, lettere e stralci di giornale, è facile capire che tra l’azienda di Scheggino e l’altra sponda dell’Atlantico c’è un rapporto speciale. Lo mostrano gli scambi epistolari tra gli inviati della Urbani e i presidenti degli Stati Uniti, i quali ringraziano la famiglia per il dono dei tartufi più preziosi. Una tradizione che va avanti da più di un secolo fino ai giorni nostri, con le lettere di saluto da parte di personalità come Barack Obama e Donald Trump. Ma all’inizio non fu facile. Erano i primi anni del ‘900. «Quando il fratello di mio nonno fu mandato in America si trovò davanti persone che del tartufo non sapevano nulla – sorride Olga Urbani – e pensavano anzi che il tartufo italiano fosse il gelato, “ice cream”. È stato difficile far capire loro che il prodotto prezioso era il nostro, trovato con i cani e con i maiali».

Autore

Allegra Zanni

Nata a Guastalla (RE) il 07/06/2000. Laureata in Scienze della comunicazione all'Università degli studi di Modena e Reggio Emilia. Studentessa di Media education presso lo stesso ateneo. Giornalista praticante del XVI biennio della Scuola di giornalismo di Perugia.