Nuova Monteluce, la rinascita mancata: “Sembra un paesaggio dechirichiano”

Massimo Duranti, presidente dell'associazione di quartiere: «Lavori lasciati a metà, in questa zona uno spopolamento culturale, fisico e sociale»
Il progetto avviato nel 2004 da Regione e Università si è arenato: tra difficoltà finanziarie e questioni societarie, il quartiere fa i conti con il degrado

«Monteluce non significa monte della luce, ma monte del bosco sacro. Lucus in latino  significa proprio bosco sacro, e  questa piazza era sicuramente conosciuta da San Francesco e Santa Chiara per la sua sacralità». Paolo Galmacci è il segretario dell’Associazione Bosco Sacro di Monteluce e in piazza Cecilia Coppoli, proprio dietro la facciata dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia, circondato da transenne, palazzi dismessi e gru, racconta la storia del quartiere, cuore religioso della città già dal 1200 dove venne fondato il monastero delle Clarisse. «E’ un peccato che un quartiere importante come Monteluce sia stato completamente svalutato», dice il Galmacci, rammaricandosi del degrado che lo circonda.

Il Fondo ha finito i fondi – Con il vecchio monastero delle Clarisse alle spalle, quello che nel 1923 divenne il Policlinico di Perugia, oggi dismesso e trasferito a Sant’Andrea delle Fratte, Massimo Duranti, presidente dell’associazione culturale Bosco Sacro, giornalista e critico d’arte, racconta quali sono le condizioni della “Nuova Monteluce”. «Dopo la fine della permanenza del policlinico per un secolo qui – dice – sono chiusi i negozi, la gente se n’è andata in altri quartieri, c’è stato uno spopolamento culturale fisico e sociale. Questo Fondo ha realizzato alcuni degli edifici previsti, molto pochi, non ha costruito la parte privata. Vedremo cosa succederà con il salvataggio operato dal gruppo Prelios-AMCO».

Edificio dell’ex clinica chirurgica di Monteluce dove i lavori non sono ancora terminati

Il progetto iniziale – Il Fondo di cui parla Duranti è il Fondo Monteluce, costituito nel 2004 dalla Regione e l’Università degli Studi di Perugia, proprietarie del terreno dove sorgeva l’ex Ospedale Policlinico di Monteluce. Il progetto della “Nuova Monteluce” prevedeva la realizzazione di strutture polifunzionali residenziali e commerciali, raggiunte da una fermata del minimetrò. 65 mila metri quadrati di edifici in tutto, di cui un terzo destinati ad appartamenti. Regione e Università avrebbero guadagnato dalla plusvalenza dei locali ottenuta dalla rivendita a privati. La Regione conferì mandato alla Nomura Bank International plc di Londra come global coordinator dell’operazione, che a sua volta nel 2005 scelse BNP-Paribas REIM SGR p.A. come società di gestione del Fondo Immobiliare. Oggi, dopo un lungo rimpallo di acquisti delle quote tra Nomura, Regione, e la società finanziaria Gepafin, il risultato è la totale svalutazione delle stesse, e un accumulo di debiti. Per evitare il default la piattaforma Prelios-AMCO, nata per gestire crediti ad alta insolvibilità, è subentrata a BNP-Paribas.

Il cigno nero – Il progetto inziale di Regione e Università non aveva considerato l’imprevisto della crisi globale del 2008. Lo scoppio della bolla speculativa americana avrebbe contagiato i mercati finanziari, monetari e poi immobiliari di tutto il mondo, fino a far tremare la giunta Marini. Le previsioni di guadagno del fondo crollarono e nel 2008 l’allora assessore all’economia e promozione dello sviluppo economico Vincenzo Riommi sottolineava quanto «le difficoltà connesse all’attuale situazione del comparto immobiliare e dei mercati finanziari e allo stato di avanzamento dell’operazione relativa al Comparto Monteluce avessero reso impraticabile la possibilità di un collocamento delle quote».  

L’inaugurazione – Nel 2015, nonostante le difficoltà economiche, il fund manager di BNP Paribas REIM SGR p.A. (titolare del 30% delle quote del fondo), l’ingegner Luca Panizzi, presentava la prima fase della parte centrale del progetto, mentre la presidente Catiuscia Marini affermava «di aver fatto un’operazione pubblica positiva ed intelligente». «Fatta salva la presenza di poche attività commerciali coraggiose (tra cui un bar, una palestra e un supermercato) – sottolinea il dossier Carbonari che riassume con documenti pubblici le vicende del Fondo – il complesso della “Nuova Monteluce” era ancora in gran parte un cantiere, in cui i lavori si erano fermati».

La “Nuova Monteluce”: contrasto tra edifici nuovi e incompleti in piazza Cecilia Coppoli

Desolazione dechirichiana – Oggi la Nuova Monteluce, sottolinea Massimo Duranti, appare come «un paesaggio “dechirichiano”, vuoto sordo, dove sopravvivono poche delle attività commerciali. L’unico edificio rimasto all’attenzione per poter diventare un distretto sanitario è stato interrotto per mancanza di fondi. I pochi edifici della nuova Monteluce sono questi – dice indicando i moderni palazzi che ha davanti – una palestra e una nuova pizzeria. Durante i lavori è stata scoperta una cisterna tardo ottocentesca, ma qui non si taglia neanche l’erba». L’architetto Fressoia, che è presidente dell’Associazione Italia Nostra, denuncia non soltanto il degrado della zona (la parte nuova di Monteluce, eccetto per lo studentato, è vuota e disabitata) ma per la poca attenzione al contesto architettonico del quartiere. «Gli stilemi architettonici importati a Monteluce, tipici dell’architettura nordeuropea – discute Fressoia – si sono ridicolizzati, sono penosi, perché il contesto è diverso, è un linguaggio diverso. E’ come mettere un pezzo di una macchina moderna in una macchina d’epoca».

Autore

Arianna Papalia

Nata a Catanzaro il 29/10/1993. Consegue una laurea in Lingue e Civiltà Orientali presso l'Università di Roma "La Sapienza" e un double degree in "China and Global Studies" presso la Beijing Foreign Studies University di Pechino e l'Università degli Studi di Torino. Giornalista praticante del XV biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.