Cambiamenti climatici: quel grado in più che fa la differenza

Anche in Umbria equilibri biologici a rischio: dall'isola Polvese, dove si ascolta il battito del lago Trasimeno, alla siccità che indebolisce i boschi

Un ex monastero in un’isola, la Polvese, circondata dalle acque del lago Trasimeno. Fino al 1624 questa era la casa dei monaci olivetani, dell’ordine di San Benedetto. Oggi è il primo centro studi in Umbria sui cambiamenti climatici e la biodiversità in zone lacustri.
Arrivarci non è così facile: prima la traversata del Trasimeno, con la barca della cooperativa dei pescatori di San Feliciano. Poi una camminata di 15 minuti tra ulivi, salici e pioppi. Alle tonache bianche degli uomini di religione si sono sostituti i camici degli uomini di scienza, biologi e ricercatori che qui hanno fatto il loro campo base. Ispirato ad uno stile di vita il più possibile ecologico, dai materiali biocompatibili utilizzati nella ristrutturazione del monastero (che ha vinto il Premio Sostenibilità 2017) fino alle porte tinteggiate con bianco d’uovo e fiori d’arancio.

Una posizione insolita, perfetta però per monitorare l’impatto delle variazioni del clima sul Trasimeno. Laghi e specchi d’acqua sono tra gli ecosistemi più vulnerabili e sensibili alla variazione della temperatura e delle precipitazioni. La Polvese stessa è una delle zone umide più importanti d’Europa per ricchezza di biodiversità vegetale e faunistica. Non è un caso che il centro nasca proprio qui. Basta anche solo un grado in più o qualche millimetro di acqua in meno a sconvolgere i delicati equilibri biologici che hanno ripercussioni su attività umane come la pesca.

Stagioni sempre più calde e meno bagnate dalle piogge impediscono, nelle zone lacustri, un corretto ricambio delle acque. Quelle del Trasimeno negli ultimi anni si sono abbassate progressivamente fino a scendere spesso sotto lo zero idrometrico (lo scorso gennaio erano a -80 cm) e hanno visto aumentare la salinità, la torbidità e i nutrienti presenti. Mutamenti che mettono a rischio anche la sopravvivenza del canneto del lago, un habitat fondamentale per la purificazione delle acque e la conservazione delle specie rare.

Ma ad avere sete non è solo il lago Trasimeno: in tutta l’Umbria si sono ridotte sia le piogge cumulate annue sia i giorni piovosi. I millimetri d’acqua caduti sono oggetto di studio dell’Università di Perugia: «Le giornate di pioggia si distribuiscono, nel corso dei dodici mesi dell’anno, in maniera più uniforme rispetto a come avveniva in passato. Non esiste più una stagione delle piogge», spiega Renato Morbidelli, ingegnere e docente al dipartimento di Ingegneria civile. Tradotto: è in parte vero il luogo comune secondo cui non ci sarebbero più le “mezze stagioni”.

Fonte: Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

«Ma lo scenario è più complesso – commenta Antonio Navarra, climatologo e presidente del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici – oltre alla riduzione delle precipitazioni i cambiamenti climatici stanno portando, in Italia come nel resto del mondo, verso un costante aumento delle temperature. Prevediamo estati sempre più calde e lunghe, insieme a inverni più miti e meno piovosi».

A fare paura è anche la colonnina di mercurio. Sono sempre più frequenti periodi di almeno tre giorni con temperature pari o superiori ai 34 gradi, delle vere ondate di calore. «Solo in provincia di Perugia – spiega Michele Cavallucci di Perugia Meteo, associazione che raccoglie e analizza i dati climatici del capoluogo umbro – l’estate scorsa abbiamo registrato ben sette ondate di calore, a fronte di una media di due o tre all’anno».

Fonte: Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

Una stagione estiva più lunga, calda e secca può avere conseguenze anche sul verificarsi di incendi e sull’estensione delle superfici boschive mangiate dalle fiamme. Se i roghi nell’Europa mediterranea sono in diminuzione, questa tendenza potrebbe invertirsi per effetto del cambiamento climatico. Un team di studiosi europei si è occupato dei recenti trend del fenomeno in Portogallo, Spagna, sud della Francia, Italia e Grecia. Ma sentiamo Antonello Provenzale, del Centro Nazionale di Ricerca.

L’ultimo incendio, in Umbria, è quello del 7 agosto in Valserra: qui per una settimana hanno bruciato quasi 80 ettari di bosco, pari a 100 campi di calcio. A sette mesi di distanza, gli abitanti della valle continuano a pagarne ancora le conseguenze.

Cosa ci aspetta in futuro, quindi? «Dipende anche da noi – conclude il climatologo Navarra – sono tendenze difficili da invertire. Rimane il fatto che tutto ciò che comporta una riduzione del consumo e dello spreco di combustibili fossili e, quindi di produzione di anidride carbonica, è un bene».

 

Autore

Camilla Orsini

Classe 1991, giornalista praticante e pianista. Ha scritto di tecnologia ed economia per Wired, è collaboratrice de Il Messaggero nella cronaca di Terni, è stata stagista per News Mediaset, per La Repubblica nella redazione politica e al Tg1 in cronaca nazionale.