A Torgiano l’agricoltura inclusiva che fa bene due volte

"Coltivare talenti" è un progetto finanziato con fondi europei per formare ragazzi vulnerabili. «Questo posto mi aiuta a crescere e avere un po’ più di fiducia»
Per Mattia Bruni, agronomo, «colpisce il cambiamento delle persone che partecipano al progetto». Due dei ragazzi formati sono poi stati assunti dalla cooperativa

«È il mio primo lavoro, mi piace stare qua perché mi dà allegria e sto a contatto con le persone ed è fondamentale per me perché sono un ragazzo un po’ chiuso. Questo posto mi aiuta a crescere e avere un po’ più di fiducia». Jonathan ha partecipato al progetto “Coltivare Talenti”, dedicato all’avviamento in campo agricolo di ragazzi vulnerabili. Dapprima allievo, poi tutor e infine assunto in pianta stabile: una crescita umana e professionale. In questi quattro ettari di terreno a Torgiano, poco fuori Perugia, lavora in una cooperativa agricola nata da un progetto europeo per allenare all’imprenditoria ragazzi vulnerabili. Insieme a Diego, Jonathan è stato poi assunto e oggi è, a pieno titolo, un agricoltore. È questo, in sintesi, “Coltivare talenti”: i fondi di Bruxelles investiti in un progetto tutto locale.

Teresa Vizioli

A partire dal 2020 in questo campo di Torgiano si sono tenuti quattro corsi da cinque mesi. Ogni volta partecipavano una decina di ragazzi segnalati dal centro di salute mentale, dal Sert oppure che, semplicemente, inviavano la propria candidatura. L’iniziativa è stata possibile grazie al finanziamento del Fondo Sociale Europeo, ma non solo. «Tutto nasce dalla cooperazione tra la cooperativa “Frontiera lavoro” per la parte sociale, l’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica per quella agricola e infine la fondazione “Opere Pie”, proprietaria di questo terreno» afferma Teresa Vizioli, una delle due educatrice coinvolte. In tutto da qui sono passati una cinquantina di ragazzi, educati all’imprenditoria agricola.

Dopo ogni corso, uno dei partecipanti veniva promosso a tutor della classe successiva. Alla fine due di questi, Jonathan e Diego, sono stati assunti nella cooperativa fondata per proseguire l’esperienza del progetto. La formazione è avvenuta in gran parte sul campo. «Una delle prime cose che abbiamo appreso è la sfemminellatura dei pomodori», cioè togliere quelle piante che crescono tra due radici, afferma Jonathan. «Poi abbiamo imparato cosa richiede un orto. Vedi lì? – indica un irrigatore –  guarda, perde un po’. Nell’agricoltura ci vuole pazienza e qui l’abbiamo imparata».

Jonathan Simonelli

Il percorso per lui non è servito solo a formarsi, ma anche ad aprirsi al mondo. Jonathan, adottato da una famiglia umbra, quando è arrivato stava molto sulle sue. Ora invece è un fiume in piena tanto che, all’ultima cena sociale, ha addirittura tenuto un discorso davanti ai presenti. Mentre lo “distraiamo” dal lavoro, ci racconta entusiasta quello che fa.

Francesca Cusco

Francesca Cusco è una delle due educatrici che segue questo progetto. Nel raccontare come si sono svolti i corsi di formazione si sofferma su un punto, solo in apparenza marginale. «Il momento della pausa – necessario per riscaldarsi o rinfrescarsi a seconda delle stagioni – è stato fondamentale per costruire un gruppo coeso. È soprattutto lì che i ragazzi si sono aperti tra di loro».

«Io ho sempre lavorato in agricoltura e con questo progetto ho scoperto l’agricoltura legata al sociale che fa bene due volte, se si pensa al reinserimento sociale di persone svantaggiate» afferma Mattia Bruni, l’agronomo che, insieme a Jonathan e Diego, gestisce il terreno dopo aver formato i ragazzi passati da qua. «Mi colpisce il cambiamento delle persone che hanno partecipato al progetto. Il lavoro agricolo aiuta a scandire i tempi, a dare una struttura rigida alle giornate».

Autore

Gianluca Carini

Nato a Palermo il 13/12/1992. Laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Milano. Giornalista praticante del XV biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.