Immigrazione, raccontare i confini senza retorica

I border games «come una scommessa» e i viaggi infiniti «che ti tolgono l'identità»
Al Festival di Perugia i reportage degli scrittori Albinati e D'Aloja, accompagnati dal fotoreporter Pastonesi e coordinati da UNHCR Italia

«È come la roulette russa: dopo quaranta volte che ci provi, alla fine riesci ad entrare». A parlare è Edoardo Albinati, scrittore e premio Strega. Ma potevano essere anche Francesca D’Aloja, attrice e autrice, o il fotoreporter Marcello Pastonesi. Tutti e tre sono ormai qualificati per parlare dei “border games”, letteralmente “giochi di confine”, quei tentativi intrapresi ogni giorno da chi vuole lasciarsi alle spalle guerra e povertà. Niger o Afghanistan, poco cambia. Mentre le foto dei profughi sulla rotta balcanica passano sullo schermo di Sala dei Priori, la portavoce dell’Agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati (UNHCR) in Italia, Carlotta Sami, tesse le fila di un racconto diventato reportage e firmato dai tre narratori. Al centro, appunto, il confine. Intorno, una sofferenza da raccontare senza retorica.

Carta e penna – Secondo UNHCR, ogni giorno migliaia di persone vengono respinte sui confini. Immigrati, rifugiati, profughi. Le loro storie vanno raccontate e per farlo, come spiegato durante l’evento organizzato dal Festival del giornalismo di Perugia, sono stati scritti due reportage, uno in Niger e uno nei Balcani, “unici”. Almeno secondo Sami, che ha unito la squadra, spedendo insieme all’agenzia Onu le penne di Albinati e D’Aloja e le lenti di Pastonesi.

Frontiere – Afghanistan, Pakistan, Iran, Turchia, Grecia, Macedonia, Serbia. Poi il bivio: Romania o Ungheria. Questo il viaggio di tanti giovanissimi, incontrati dall’UNHCR insieme ai tre reporter. Specie sulla rotta balcanica. Qui i border games abbondano: «È un gioco, una scommessa da ripetere giorno dopo giorno», ripetono. Le foto intanto mostrano i piedi congelati, le ferite dopo i respingimenti. «E non si vedono i traumi psicologici», precisa Albinati. «Conoscono la partenza e mai l’arrivo – spiega D’Aloja – e questo peregrinare senza meta fa smarrire la propria identità». 

Divieto di retorica – L’urgenza evocata da queste storie, senza cascare nella retorica, è ciò che ha spinto Marcello Pastonesi: da fotografo freelance è andato in Libia, in Afghanistan, in Nigeria. Oltre ai rullini porta con sé un unico credo: «Non ho mai voluto generare compassione, con i miei scatti voglio far riflettere le persone sulle cause di tanta sofferenza». Anche perché, come tiene a ribadire lui stesso, «se ci si ferma alla commozione non è abbastanza».

Insegnamento ucraino – «Quello che succede in Ucraina oggi ci mostra che i confini europei sono in realtà penetrabili, basta che gli europei lo vogliano». Senza giri di parole Carlotta Sami spiega qual è la situazione in un’altra frontiera, la più calda, quella con l’Ucraina dopo l’invasione russa. «Stiamo vedendo che l’Europa può accogliere e ci dimostra che si può superare il modello degli ultimi anni». 

Autore

Giulio Ucciero

Nato a Jesi (Ancona) l'11 gennaio 1997. Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l'Università Cattolica di Milano, con un periodo Erasmus a Lisbona. Vive tra Milano e Roma. Giornalista praticante del XV biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.