La leggenda del fortepiano: in Umbria uno dei cinque costruttori di tutta Italia

Urbano Petroselli: «Lavoro su progetti di cinque secoli fa, è uno strumento tornato di moda e può costare quasi 30mila euro: l’industria non ci sostituirà»
Anche i giovani si fanno avanti. La storia di Federico Cesarini, 34 anni: «Fare il liutaio oggi è un salto nel buio, ma ci sono riuscito»

Camice da lavoro blu, occhiali rossi e mani che corrono veloci sulla tastiera. Urbano Petroselli, 60 anni è conosciuto come l’accordatore del conservatorio di Perugia. Pochi sanno che nel suo laboratorio a Castiglione del Lago costruisce anche i fortepiani, simili ai pianoforti, ma realizzati interamente in legno. Questo strumento produce un suono a metà strada tra quello del pianoforte, suo successore e quello del clavicembalo. Più acuto del primo e meno del secondo. Lui è uno dei cinque in Italia a farlo. «Riproduco fedelmente lo strumento dopo averne acquistato il progetto» dice Petroselli «la parte meccanica e quella armonica restano le stesse, ma se il cliente lo chiede, faccio delle modifiche estetiche». Lavora su strumenti progettati tra il ‘500 e l’800 e il legno deve essere lo stesso: «di solito uso l’abete rosso», precisa, perché «se cambia il materiale poi cambia anche il suono». Per un fortepiano servono più di sei mesi di lavoro, il clavicembalo invece ne richiede un po’ di meno. I prezzi variano: «Per uno strumento piccolo, una spinetta, siamo intorno ai 5mila euro, per un fortepiano si può arrivare a 27mila». Uno strumento che è tornato di moda negli ultimi 15 anni. Insegnanti e direttori d’orchestra ritendono infatti che i brani pensati e scritti per il fortepiano siano meglio valorizzati se suonati con questo e non con il pianoforte moderno. La stessa scelta è stata sposata all’estero, così Petroselli ha spedito strumenti in Giappone, Canada, Francia, Svizzera e Stati Uniti.

Faccio l’accordatore da quando avevo 15 anni – Se Petroselli lavora con il legno, c’è chi lo fa con le corde: non costruisce il suono, ma lo rende pulito e armonico.  É il mestiere di Carlo Condoluci, 64 anni. Il suo laboratorio è una stanza in un appartamento al terzo piano che divide con la moglie. «Prima era un vero casino» dice sorridendo, «ora l’abbiamo liberata un po’». Un pianoforte verticale dell’800 da una parte e un tavolo con pinze, colle e martelli dall’altra. Un armadio per le scartoffie e una sedia. Tanto basta a Carlo per fare il suo lavoro, anche perché molte volte l’accordatura viene fatta sul posto: a casa di un privato, nell’aula di una scuola o su un palco. «Quel pianoforte lì a destra è mio». Lo smonta e si vede la struttura: martelletti, corde, smorzatori e piroli. Condoluci inizia a suonare e lo strumento risponde, i tasti vanno su e giù e le corde vibrano, i martelletti si muovono. Lui racconta: «Faccio questo lavoro da più di trent’anni, prima ho studiato anche all’estero». La cosa più complicata è tendere le corde. Lui ormai accorda a orecchio e dice che per un buon lavoro «servono almeno due giri di accordatura» che possono costare da un centinaio «fino a cinque, seimila euro, dipende dalle condizioni del pianoforte e dalla perfezione che si vuole raggiungere». Di solito il tutto richiede un paio di ore e la sua soddisfazione più grande sono i bambini: «Quando sorridendo ti dicono “ma è tutta un’altra cosa”, allora sai che hai fatto qualcosa di buono»

Per fare il liutaio ho scommesso su di me – E le nuove generazioni? L’artigianato non è appannaggio degli ultra cinquantenni. Ci sono giovani che invertono la tendenza e scelgono di rischiare. Federico Cesarini ha 34 anni, ha frequentato la scuola di liuteria di Gubbio e dal 2013 la sua passione è diventata lavoro. In casa ha uno spazio per il laboratorio e uno per il negozio, che «non è sempre una buona cosa» scherza Cesarini: «c’è anche il rischio di non staccare mai». Non solo violini, viole, violoncelli, ma chitarre classiche, elettriche e bassi appesi in negozio. Scendendo una scala a chiocciola si arriva al laboratorio e qui Federico dice che iniziare non è stato semplice: «Serve un spazio, dei soldi da investire e poi sapersi vendere, è un po’ un salto nel buio». Ma lui c’è riuscito: i clienti, sia professionisti che amatori, si fidano di lui. Per costruire «un violoncello di qualità di impiego almeno tre mesi, poi ci sono i periodi di pausa per far seccare le colle e per particolari tipi di verniciatura. Possono servire fino a sette mesi». Il costo principale per uno strumento di questo tipo è il legno. Solo la materia prima può arrivare a duemila euro. Di solito Cesarini usa tavole di faggio della Val di Fiemme, ma ne ha alcune pregiate che hanno sessant’anni. Il liutaio si muove sicuro in uno spazio che conosce perfettamente: incolla la tavola armonica e la mette in morsa, poi lima un ponticello. Scava il fondo di un violino e con la mano sposta tutta la segatura da una parte, poi si scusa per la polvere e il disordine: «per fortuna – scherza – nessuno qui è allergico». Federico, come prima di lui Urbano e Carlo, ha scelto questa strada e non se ne pente. Gli artigiani sono sicuri che il loro lavoro non sta scomparendo né potrà mai essere sostituito da quello fatto da una macchina.

Autore

Greta Dircetti

Nata a Padova nel 1995. Laureata in Governo delle amministrazioni all'università di Padova e in Mass media e Politica all'università di Bologna. Giornalista praticante del XV biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.