Dalla convivenza all’isolamento: dopo il sisma, Campi di Norcia affronta la pandemia

Dopo il terremoto del 2016, gli sfollati hanno convissuto per un anno e mezzo nella sede della Pro Loco, unico edificio antisismico del paese
Il presidente dell'associazione, Roberto Sbriccoli: «La pandemia ha creato una spaccatura nella grande famiglia che avevamo costruito durante l’emergenza terremoto»

Da ormai più di un anno la sede della Pro Loco di Campi, frazione di Norcia, apre e chiude a intermittenza. Da quando le regole sulle restrizioni impediscono lo svolgimento di attività sociali in presenza, gli abitanti del piccolo centro, distrutto dal terremoto di cinque anni fa, non hanno più un punto di riferimento. Perse le loro abitazioni, per un anno e mezzo avevano vissuto proprio nella sede della Pro Loco. Roberto Sbriccoli, presidente dell’associazione, spera che l’emergenza sanitaria finisca presto, così da poter riprendere le attività. «Purtroppo la nostra “arca di Noè” continua a essere chiusa», lamenta. «La prima parte della nostra storia, nell’emergenza post sisma, ce la siamo autogestita nella nostra sede». L’edificio, inaugurato provvidenzialmente pochi giorni prima del terremoto del 24 agosto 2016, fu costruito dagli stessi abitanti del posto con criteri antisismici. Ciò permise alla comunità di rimanere unita fino al trasferimento nelle S.A.E. (Soluzioni Abitative in Emergenza), le “casette” per gli sfollati in attesa di tornare nelle proprie abitazioni.

Come in un reality – «Io ho vissuto per 15 mesi nella sede della Pro Loco – ricorda Sbriccoli – in piena emergenza ci dormivamo in 70». Ha dell’incredibile la storia di questa piccola comunità che si è trovata a condividere l’unico spazio rimasto agibile del borgo. «Stavamo sempre insieme, a pranzo e a cena, e dormivamo uno a fianco all’altro – racconta – una convivenza del genere non è semplice: c’è la persona anziana, c’è il bambino, ci sono le donne, ci sono gli uomini… non è facile». Dopo qualche mese, le persone hanno gradualmente iniziato ad attrezzarsi con container e roulotte, fino all’arrivo delle S.A.E. L’esperienza della comunità ha catturato l’interesse delle università e del cinema: “l’esperimento sociale” di Campi è stato raccontato, insieme ad altre storie del post-sisma, nel film-documentario “La botta grossa” di Sandro Baldoni, vincitore del Nastro d’argento nella sezione “DOC: Cinema del reale”.

L’emergenza nell’emergenza – La pandemia è stata un ulteriore colpo. «L’esperienza che abbiamo vissuto aveva creato una sorta di corazza, siamo diventati davvero una grande famiglia  e, paradossalmente, l’emergenza pandemica ha creato una spaccatura, ha messo distanza tra le persone. Ci ha allontanato», afferma Sbriccoli rassegnato. Con i genitori anziani anche lui ora vive in una S.A.E. «Non riesco a definirla casa mia – racconta ancora – fortunatamente noi non abbiamo avuto infiltrazioni e muffa come da altre parti, però gli ambienti sono veramente minimi, ti manca lo spazio vitale. E poi è chiaro, vivere questa emergenza sanitaria, sociale ed economica in 60 metri quadri è veramente triste, molto triste»

“Back to Campi” – La speranza arriva adesso da un progetto di valorizzazione del territorio messo a punto dalla Pro Loco di Campi. Grazie alla solidarietà di varie realtà benefiche, l’associazione di Sbriccoli ha comprato alcuni terreni da adibire ad area ricettiva per camper e tende, un agri-campeggio di comunità che potrà essere facilmente convertito in alloggi d’emergenza in caso di nuove scosse. L’iniziativa è stata inserita all’interno del progetto “Ri-Abitare l’Appennino”  di Fillea Cgil e dell’associazione Nuove Ri-Generazioni, con l’obiettivo di sostenere la rinascita delle terre appenniniche colpite dal sisma.

Autore

Silvia Serafini

Nata nel 1992 ad Ascoli Piceno. Laureata in Comunicazione e culture digitali all'Università di Macerata con una tesi sul giornalismo d'emergenza. Giornalista praticante del XV biennio della Scuola di giornalismo radiotelevisivo di Perugia