L’Umbria a tutta birra

Negli ultimi dieci anni la produzione italiana è aumentata quasi del 20%
Qual è la ricetta, cosa c’è dietro il boom e come va la nostra regione con i suoi 35 birrifici artigianali

Davanti ad una pizza, sulla spiaggia, in un pub o per strada: ogni occasione è buona per bere una birra. Dietro il boccale c’è un settore che nel nostro paese vale 9 miliardi di euro e 140mila posti di lavoro tra occupazione diretta, indiretta e indotto. È un settore in continua espansione in cui la produzione, cresciuta quasi del 20% in dieci anni, è trainata dal consumo. Ogni italiano infatti beve mediamente 33,6 litri di birra in un anno, quattro in più rispetto al 2008. Anche gli umbri seguono il trend: uno su due la consuma almeno una volta a settimana, secondo Assobirra.

Perché questo boom? Prova a spiegarlo Giuseppe Perretti, direttore del Centro di Ricerca per l’eccellenza della Birra di Perugia, un dipartimento dell’università a tutti gli effetti, nato 16 anni fa. «La birra in Italia è sempre esistita, ma i grandi birrifici artigianali negli anni si sono trasformati in industrie per andare incontro alle esigenze del consumatore: basso costo ed elevata qualità». In una prima fase, durata per gran parte del ‘900, i birrifici artigianali sono diventati birrifici industriali. Tra gli anni ’70 e gli anni ’90 proprio i consumatori, prima negli Usa e poi in Italia, hanno cominciato a chiedere altro. «È emersa una voglia di diversificazione e di esplorazione del mondo artigianale che ha cambiato la produzione – continua Perretti – Basta vedere in uno scaffale del supermercato quanti tipi diversi di birre ci sono oggi». Così nasce il boom delle artigianali. Il caso umbro è ancora più sorprendente: qui ci si era sempre concentrati, a differenza di altre regioni, sulla produzione del vino. Eppure nel 2018 proprio in Umbria c’erano ben 35 birrifici artigianali (che si differenziano dai grandi perché producono di meno e in modo diverso).

La mappa dei birrifici in Umbria che si trova su
https://www.microbirrifici.org/beer_italy_maps.aspx

Ma qual è la differenza tra birra artigianale e birra industriale? Quelle industriali sono filtrate e pastorizzate. Questo processo serve a garantire la conservazione del prodotto per un tempo più lungo. La birra artigianale inoltre non può superare i 200.000 ettolitri annui di produzione. Per il resto la ricetta è molto simile: l’acqua, che è l’ingrediente principale (90-95% del prodotto finito), viene mischiata con il malto d’orzo. Il risultato è il mosto a cui poi si aggiunge il luppolo (che serve per dare più freschezza e aromi alla bevanda). Il processo termina con la fermentazione e la rifermentazione, differente per birra industriale e birra artigianale.

Il processo di lavorazione dell’orzo in malteria

«Anche l’Umbria si è incuriosita. Alcune grosse aziende agrarie o nuovi imprenditori hanno aperto attività che grazie capacità di innovazione e alla qualità – dice ancora Perretti – sono arrivate a produzioni di rilevanza internazionale. E anche in Umbria si è cercato di differenziare grazie alle materie prime locali: erbe, spezie, cereali alternativi all’orzo o comunque prodotti collegati con il territorio».

Autore

Aldo Gironda Veraldi

Nato a Catanzaro il 29/02/1996. Laureato in Scienze Politiche presso l'Università della Calabria. Giornalista praticante del XIV biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.