I tentacoli della ‘Ndrangheta arrivano fino in Umbria, ma questa non è più una novità. Nell’ultima operazione della Polizia e coordinata con le Direzioni distrettuali antimafia di Catanzaro e Reggio Calabria sono state arrestate 23 persone e sequestrati beni per un valore superiore a 10 milioni di euro. Dagli accertamenti e dalle intercettazioni è emerso che le famiglie di ‘Ndrangheta avevano creato una vera e propria filiale produttiva che dalla Calabria arriva a Perugia e nell’hinterland.

La mafia non è mai stata un fenomeno da sottovalutare. La proverbiale tranquillità dell’Umbria, avvertivano i magistrati già vent’anni fa, è l’ambiente ideale nel quale possono fiorire attività economiche illecite. A settembre 2010 è stata istituita anche in Umbria la Commissione d’inchiesta contro le infiltrazioni criminali. Il 7 marzo 1996, fu istituita la legge 109 per regolamentare l’uso sociale dei beni confiscati alle mafie. Libera, l’associazione fondata da don Luigi Ciotti, gestisce proprio questi beni e periodicamente pubblica la ricerca “BeneItalia” per fare il punto della situazione.
Secondo i dati dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC) attualmente in regione sono quattro le imprese sequestrate, due a Perugia e due a Terni. Queste società si occupano di servizi di informazione, attività immobiliari, ristorazione e costruzioni. Per quanto riguarda gli immobili in confisca non definitiva, ovvero quelli gestiti temporaneamente da enti no profit prima della riassegnazione, in Umbria se ne trovano 6, due nel comune di Perugia e quattro in quello di Trevi.

Fonte: Libera
Libera Umbria si è specificatamente occupata di un’azienda agricola di 100 ettari confiscata nella località di Pietralunga, un paesino tra Gubbio e Città di castello nell’alta valle del Tevere, a una potente famiglia di ‘Ndrangheta, i De Stefano di Reggio Calabria. Sotto la gestione di Libera, l’azienda è stata utilizzata per coltivazioni sociali e il recupero di giovani in difficoltà. Il sequestro è avvenuto nel 2011 e Walter Cardinali, presidente di “Libera Umbria”, ci dice: «Sono passati 9 anni e il processo di riassegnazione si è fermato a un centimetro dal traguardo, è troppo. Bisogna snellire i meccanismi e bisogna crederci, sennò si fanno solo proclami e pochi fatti».
Sequestro e confisca, facciamo chiarezza – Il percorso che conduce un bene dal sequestro alla meta finale del suo riutilizzo sociale inizia con una serie di approfondite indagini patrimoniali che ricercano una forte differenza tra il tenore di vita e il patrimonio che dichiara l’indagato. A questo punto arriva il sequestro e i beni vengono così affidati alla cura dell’amministratore giudiziario. La fase successiva è quella della confisca di primo grado, un ulteriore provvedimento, sempre temporaneo, per avviare il procedimento che condurrà poi alla confisca definitiva. Fino a questo momento, l’ANBSC svolge un ruolo di ausilio e supporto all’autorità giudiziaria. Sequestro e confisca di primo grado sono quindi misure temporanee, la certezza, in presenza di condanna definitiva dell’imputato, invece avviene con la confisca di secondo grado. Da questo momento in poi i beni confiscati sono definitivamente beni pubblici.