Coronavirus, il pianeta respira

Autostrade deserte e produzione industriale ai minimi termini: il CoVid-19 mette in ginocchio L'ECONOMIA, ma migliora la qualità dell'aria
Secondo alcuni studi l'inquinamento eccessivo di alcune zone del Paese potrebbe addirittura aver facilitato il contagio. Un miglioramento delle condizioni atmosferiche potrebbe dunque aiutare a combatterlo (NON LO METTEREI, DATO CHE NON E' CERTO...)

La pandemia che così duramente sta mettendo alla prova il mondo è lontana dal finire, ma già è possibile vederne alcuni effetti. Oltre alle conseguenze sanitarie, a quelle economiche e a quelle sociali, soprattutto negli ultimi giorni in molti stanno studiando le conseguenze sull’ambiente del diffondersi del Covid-19. 

Secondo alcuni studi, in particolare quello realizzato dai ricercatori della Società Italiana di Medicina Ambientale, con le restrizioni alla circolazione introdotte per combattere l’epidemia, l’inquinamento atmosferico è decisamente ridotto. Gli studiosi hanno incrociato i dati riguardanti il particolato presente in atmosfera, rilevati in Italia nelle ultime due settimane di febbraio mentre si applicavano le prime misure restrittive nel Nord, e hanno così potuto vedere chiaramente che, al propagarsi delle misure, migliorava sensibilmente la qualità dell’aria. 

Immagine satellitare ESA scattata prima del blocco di fine febbraio
Immagine satellitare ESA scattata dopo il blocco di fine febbraio

Altra conferma sembra arrivare dai satelliti che mostrano una marcata diminuzione del diossido di azoto in alcune aree del Paese. Tuttavia, secondo alcune rilevazioni da terra, non diminuirebbero le polveri sottili Pm10. La spiegazione potrebbe risiedere nel fatto che alcuni gas inquinanti sarebbero diminuiti, come il diossido di azoto, con la chiusura di numerose industrie e con il blocco dei trasporti, ma che il maggior tempo passato nelle abitazioni, in molti casi riscaldate in modo poco efficiente, abbia prodotto un aumento di determinati tipi di polveri sottili come, appunto, il Pm10. 

Quando il sistema economico ripartirà inquinerà di più per riguadagnare il terreno perduto in questi mesi, oppure no? “Purtroppo tale opzione è sicuramente probabile” ci spiega Luca Mercalli, meteorologo e divulgatore scientifico, “personalmente mi auguro che questo gigantesco esperimento involontario a cui stiamo assistendo possa farci riflettere, possa darci una diversa visione del modo in cui siamo abituati a vivere. Per esempio il telelavoro, che stiamo sperimentando oggi, diminuirebbe di molto i costi a livello di emissioni se applicato su larga scala”.

Non si deve uscire da questa crisi bruciando più velocemente il petrolio che non abbiamo sfruttato in questi mesi per recuperare, ma bisogna mettere le tecnologie che abbiamo acquisito in questi giorni difficili al servizio di un nuovo modello di società, più leggera ed efficiente.

Sempre a Mercalli abbiamo chiesto se, a suo avviso, sono valide le teorie che vedono nell’inquinamento un fattore che ha aiutato il diffondersi del CoVid-19 come sostengono alcuni (GreenPeace): “Ho seri dubbi in proposito” afferma, “perché se gli agenti inquinanti fossero in grado di trasportare il virus allora non si capisce per quale motivo zone meno inquinate come Bergamo hanno avuto un’incidenza superiore della malattia rispetto all’area milanese che è notevolmente più inquinata”. Il responsabile scientifico di Legambiente Andrea Minutolo però ci dice che “è sicuramente probabile che alcune malattie polmonari da inquinamento come asma e bronchiti croniche possano aver reso più facile al CoVid-19 il diffondersi”.

Immagine satellitare che mostra l’inquinamento in Cina prima e dopo il blocco totale

Anche in altri paesi colpiti dal CoVid-19 le immagini satellitari mostrano una diminuzione di alcuni inquinanti. Proprio come nelle immagini italiane anche quelle cinesi sono impressionanti, specie se si considera il breve periodo che intercorre tra l’una e l’altra.

Un’analisi pubblicata sul sito dell’ong Carbon Brief evidenzia un calo del 25% nell’utilizzo delle fonti di energia e delle emissioni in Cina nelle ultime di marzo, l’equivalente di circa l’1% delle sue emissioni annuali. A calare anche qua è il diossido di azoto, legato alla riduzione dei trasporti e dell’attività industriale.

Dall’altra parte del mondo, a New York, dopo le chiusure disposte a fine marzo, le emissioni di CO2, ad una settimana dall’introduzione delle misure, sono diminuite dell’8% e si accompagnano a un consistente calo di quelle di metano. La Columbia University ipotizza che si arriverà in breve tempo a registrare il livello più basso di CO2 dal 2009.

Autore

Luca Marroni

Nato a Perugia il 02/08/1992. Laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Perugia. Giornalista praticante del XIV Biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.