Violenza di genere, Umbria maglia nera in Italia

Nella nostra regione il maggior numero di casi di violenza in rapporto alla popolazione femminile.
Oltre ottocento le richieste d’accesso ai centri, che però rischiano la chiusura per mancanza di fondi.

Un triste primato. È quello che fa registrare l’Umbria, la regione italiana con il maggior tasso di vittime di violenza in rapporto alla popolazione femminile, secondo quanto rilevato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta istituita presso il Senato della Repubblica. Sono 868 le donne umbre che nel 2017 hanno contattato i centri antiviolenza. Numeri che evidenziano in modo inequivocabile un fatto: i maltrattamenti sulle donne sono un problema tanto a livello nazionale quanto locale.

I numeri Andando a vedere da vicino la prima indagine Istat sul tema, elaborata in collaborazione con il Dipartimento per le pari opportunità, il Consiglio Nazionale delle Ricerche e le Regioni, emerge che, a fronte delle 868 segnalazioni, ammontano a 611 le donne prese in carico dai centri stessi. Vale a dire quelle che hanno intrapreso un percorso individualizzato, con la predisposizione di uno specifico progetto che le aiuti ad uscire dalla situazione di maltrattamento. Se andiamo a scomporre ulteriormente il dato, vediamo che sono 340 le nuove richieste ai centri, mentre sono 135 quelle inviate dai servizi territoriali.

Violenza senza confini. L’indagine, a cui hanno risposto tutti e quattro i centri antiviolenza umbri presenti nelle liste del dipartimento per le pari opportunità, ha evidenziato anche altri elementi. Ad esempio il numero di donne straniere che hanno contattato le strutture: quasi una su sette, 133 in totale. La maggior parte delle richieste d’aiuto, ben 485, arriva da madri. Molte di queste, per la precisione 315, sono donne con figli minorenni.

Le carenze Dal rapporto emergono però anche alcuni aspetti critici. Su tutti quello della supervisione. Si tratta di un’attività di grande importanza, affidata ad una figura esterna che collabora con lo staff del centro, essenziale per risolvere problemi emotivi e per chiarire quando non è possibile svolgere azione di supporto perché il caso non ricade nell’ambito di competenza della struttura. Su questo fronte l’Umbria è indietro: solo il 20% dei presidi presenti nella regione (uno su quattro) ha implemento la supervisione, contro una media nazionale dell’85,8%.

Mancanza di fondi. Nonostante l’importanza dei centri antiviolenza, l’aspetto più inquietante è che alcuni di questi rischiano di chiudere per carenza di risorse, in particolare i due centri umbri che offrono servizi di residenzialità, quello di Perugia e quello di Terni. Un paradosso, soprattutto se si considerano le proporzioni del fenomeno, certamente non marginale, e che i centri si avvalgono in buona parte di persone che prestano la propria attività in modo volontario: 59 su un totale di 96.

Autore

Lorenzo Pelucca

Nato a Perugia il 25/06/1988. Laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Perugia. Giornalista praticante del XIV biennio presso la Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.