Codice rosso, Cardella: «Aspetti controversi»

Per il Procuratore Generale di Perugia l'obbligo di sentire le vittime entro tre giorni le sottopone a uno stress inutile. "Ma il vero problema sono i tempi lunghi dei processi"
"Bene il reato del revenge porn, colma un vuoto legislativo. Lo sfregio permanente? Era già punito"

Il Codice rosso è legge dal 9 agosto scorso e ha introdotto nuovi reati di genere: dal “revenge porn” – la pubblicazione di immagini intime di un ex partner senza il suo consenso – ai matrimoni forzati, fino allo sfregio del volto. Fatti a cui la cronaca nera ci ha ormai da tempo abituati. Non solo: inasprisce le pene per chi commette violenza, stalking e maltrattamenti, e punta a rendere più efficace il lavoro della giustizia. Dilata il termine per denunciare, ma impone anche tempi “lampo” agli inquirenti: i pm devono sentire le vittime entro tre giorni dalla segnalazione.

In Umbria ancora nessun boom – Subito si è registrato un aumento del numero di denunce in grandi città come Milano o Roma, dove hanno toccato picchi di 30 al giorno. Un record che in Umbria non si è ancora registrato, rispetto al periodo precedente al Codice rosso: nell’ultimo anno, da luglio 2018 a giugno 2019, i procedimenti penali per maltrattamenti in famiglia sono stati almeno uno al giorno, così come quelli per stalking. «Non sono dati preoccupanti, ma nemmeno irrilevanti: si tratta di reati diffusi in modo omogeneo sul territorio», commenta il procuratore generale di Perugia, Fausto Cardella.  Ancora nessuna denuncia per “revenge porn” alla Polizia Postale della nostra regione, al contrario di altre parti d’Italia.

Luci e ombre– Anche se gli effetti in Umbria si devono ancora rilevare, le innovazioni hanno sollevato le critiche di chi lavora a stretto contatto con le vittime di violenza. Qualche dubbio sul Codice rosso lo ha anche il procuratore Cardella: «Introduce elementi utili: l’istituzione di nuove fattispecie di reato costituisce un passo avanti – continua – per esempio il “revenge porn” colma un vuoto legislativo di cui si sentiva l’esigenza, così come aveva fatto nel 2009 lo stalking. Dall’altro lato, lo sfregio permanente veniva punito anche prima del Codice rosso, ma come aggravante. Il fatto che ora sia fattispecie autonoma non cambia nulla: sembra un modo del legislatore di parlare all’opinione pubblica».

Il nodo della lentezza – Ancora peggio, secondo Cardella, la corsia preferenziale delle indagini al centro del Codice rosso, che dà tempo tre giorni ai pm per ascoltare chi subisce violenza. Non c’è il rischio di intasare le procure, come sostengono altri magistrati, ma di nuocere alle vittime: «Dare lo sprint obbligatorio dei tre giorni può essere addirittura dannoso – evidenzia il procuratore –  Costringere una vittima a raccontare quanto subito più volte in poco tempo è uno stress che prima della legge veniva permesso solo quando necessario. In alcuni casi, poi, prima di sentire la persona offesa possono servire altre verifiche. Il rallentamento avviene dopo, con i processi: i casi di violenza finita in prescrizione sono dovuti alla durata del procedimento, una volta concluse le indagini». Una situazione inaccettabile.

Autore

Pierfrancesco Carcassi

Nato a Padova il 17 maggio 1990. Laureato in Lettere Classiche all'Università Ca' Foscari Venezia. Giornalista praticante presso la Scuola di Giornalismo di Perugia.