L’Umbria è in crisi matrimoniale

Dati alla mano: ci si sposa di meno, più tardi e si preferisce il rito civile all'altare
Precarietà e incertezza tra le giovani coppie. Crescono separazioni e divorzi. Per colpa di leggi inefficaci e pregiudizi, a farne le spese sono spesso i padri. Un vescovo e un'avvocata divorzista a confronto

Altro che dolce metà. In Umbria, le persone sposate sono appena il 48% della popolazione. In linea con la media nazionale. Quindici anni fa erano il 54%. I dati segnano una crisi costante di quella che è forse l’istituzione più antica della società. Insieme al numero, cambia anche la natura del rito: sempre più matrimoni civili rispetto a quelli religiosi. Nel 2017, i primi (52%) hanno superato i secondi (48%). Da dove viene, allora, questa crisi?

Giovani coppie tra incertezza e precarietà – Secondo Monsignor Paolo Giulietti, Vescovo ausiliare di Perugia-Città della Pieve, «nel mondo di oggi c’è una maggiore difficoltà a fare scelte di vita definitive, anche tra i credenti. Ci sono sempre più forme per “stare insieme”. I giovani, poi, partecipano alla cultura del “provvisorio” e subiscono la precarietà lavorativa, abitativa, il venir meno delle reti familiari. Le coppie vivono, insomma, nell’incertezza. Manca quella stabilità che consentiva di metter su famiglia».

Chi sceglie l’altare – Se da una parte il rito civile è in crescita, dall’altro quello religioso è vissuto in modo diverso. «Oggi – dice sempre Giulietti – chi sceglie il matrimonio in chiesa lo fa più consapevolmente rispetto al passato. Abbiamo persone che si sposano in chiesa dopo molti anni di convivenza, dopo un lungo percorso di riflessione. Inoltre, il matrimonio sacramentale non è più un fatto puramente privato, c’è una riscoperta del ruolo degli sposi nell’evangelizzazione e nella vita dell’intera comunità cristiana».

Finché morte non ci separi? – Non solo ci si sposa di meno, ma il “sì” arriva ogni anno più tardi. L’età del primo matrimonio continua ad aumentare, e le donne si sposano prima degli uomini. In media, 32 anni per lei, 35 anni per lui. In molti casi, comunque, il matrimonio non è per tutta la vita: 18 anni la durata media. E spesso non si opta per la comunione dei beni. Insomma, a ognuno il suo.

Quando il matrimonio non dura – Giuseppa De Donno, avvocata di Perugia esperta in diritto di famiglia, si occupa di separazioni e divorzi da ormai vent’anni. Il cambiamento l’ha vissuto giorno per giorno. «Oggi non c’è solo il divorzio breve – ci racconta – ma ci sono i matrimoni lampo. Spesso non si reggono i primi anni. Inoltre, ci si separa a qualunque età». Sorprendentemente, la precarietà è un «deterrente per i divorzi. Separandosi, aumentano le spese e le esigenze, e molte coppie non possono permetterselo. La separazione, ormai, è una cosa da ricchi».

Le cause del fallimento – «Le coppie che si siedono di fronte a me – dice l’avvocata De Donno – non raccontano quasi mai il motivo per cui vogliono separarsi, perché spesso non c’è. Una volta forse c’era più sopportazione, una volontà più profonda di mettersi in gioco e ricomporre i pezzi. Certo, c’è il tradimento. E mentre un tempo era più una cosa da maschi, oggi tradiscono più le donne». A rimetterci, se prima erano quasi soltanto i figli, oggi sono talvolta anche i padri, che spesso si vedono togliere figli, casa e parte dello stipendio. Le cause? Secondo l’avvocata: leggi inadeguate, una certa magistratura e vecchi pregiudizi.

Qui sotto, la storia di uno di quei padri, dalla voce dell’avvocata De Donno.

Autore

Arnaldo Liguori

Nato a Genova nel 1992. Laurea triennale in Scienze Politiche. Laurea magistrale in Mass Media e Politica all'Università di Bologna, con una tesi di ricerca sulla disinformazione online in Italia. Ha svolto un periodo Erasmus a Vilnius, in Lituania. Oggi è giornalista praticante presso la Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.