Non fumo, bevo raramente e non gioco d’azzardo. Ma a volte mi accorgo di dipendere da qualcosa. Anche adesso. Interrompo la scrittura per dare una controllatina a Facebook. Non si sa mai che il mio ultimo post abbia ottenuto altri like o condivisioni. Che bella parola, condivisione. Ma ancor più bello è il verbo che la sottende: condividere. Deriva dal latino, e significa dividere con altri. Non importa che cosa, e non importa con chi. L’importante è rendere partecipi di un’emozione o di un’esperienza le persone che ti circondano. Facebook e gli altri social network, le cui applicazioni sono ovviamente attive sul mio smartphone, mi hanno permesso di aumentare esponenzialmente la possibilità di compiere questa operazione. Ma ne hanno indubbiamente cambiato il significato o il contenuto. Con una condivisione virtuale, eterea ed effimera, che in molti casi ha sostituito quella tradizionale, fisica, concreta. In qualche modo per stare ‘insieme’ è ora sufficiente un semplice click. Ho i miei amici in tasca, ma non attorno a me.
Accade così, inevitabilmente, che il mio migliore amico sia diventato proprio lo smartphone. Secondo i dati del Digital Global Overwiew, trascorro con lui almeno due ore al giorno. Ma non me ne rendo conto. Un altro studio della Lancaster University, ha dimostrato infatti che se mi intervistassero probabilmente dichiarerei di utilizzarlo circa la metà del tempo in cui lo uso effettivamente. Ma torniamo alle parole. Un’altra bella parola è empatia. Significa letteralmente “sentire dentro” e, vocabolario alla mano, “è una capacità che fa parte dell’esperienza umana ed animale”, che si sviluppa imparando a stare da soli. Ma in un certo senso, come detto, non sono mai da solo. Perennemente collegato, costantemente online, la mancanza di solitudine mi ha in parte privato della mia naturale capacità empatica. A quanto pare non sono l’unico: in un recente sondaggio pubblicato dal Pew Research Center, quasi la metà degli intervistati ha dichiarato di usare lo smartphone per “evitare gli altri”. Immerso nella logica del condivido, dunque sono, ho dunque disimparato a ‘condividere’ nel vero senso del termine. O forse ne ho creato uno nuovo, non spetta certo a me deciderlo.