Il futuro in bilico – Non sono primi in classifica (almeno per ora, in futuro chissà ), ma il loro obiettivo più importante lo hanno già raggiunto: non farsi sconfiggere dalla paura e ritornare in campo. I giocatori del Norcia Calcio 480 (la cifra ricorda l’anno di nascita di San Benedetto, patrono della città), squadra che milita in prima categoria, hanno rischiato di vedere la loro passione, quella del calcio appunto, infrangersi per sempre sotto i colpi del terremoto. Dopo le scosse distruttive del 30 ottobre scorso, la dirigenza aveva deciso di smettere con l’attività sportiva. Era nelle cose: il campo era stato dichiarato inagibile e convertito in sede temporanea di attività commerciali, mentre molti dei giocatori avevano perso le proprie case e si erano dovuti trasferire in tende o camper. In una situazione del genere, chi avrebbe scommesso sul futuro di una piccola squadra umbra?
Da Whatsapp al campo – E invece, dopo qualche settimana di silenzio, il motore del Norcia Calcio è ripartito. Sono stati gli stessi calciatori a riaccenderlo. «Dovevamo ricominciare, perlomeno provarci, per non permettere al terremoto di prendersi la nostra passione», racconta uno di loro, Gaetano Garrubba, capelli lunghi e sguardo battagliero. Hanno ricominciato da un semplice messaggio su Whatsapp, per fissare un appuntamento in un bar – uno dei pochi rimasti aperti in paese – e chiedersi, guardandosi in faccia: «Allora, torniamo ad allenarci?». Detto fatto. Il Comune ha messo a disposizione un campo provvisorio di tutto rispetto, con illuminazione garantita dalla Protezione Civile, e loro sono tornati ad allenarsi e a disputare partite.
Il calcio: ritorno a una vita normale – L’entusiasmo dei ragazzi ha travolto anche la dirigenza che, a dirla tutta, all’addio definitivo al Norcia Calcio non aveva mai voluto credere. «In un paese annientato dal terremoto – dice Fabio Morelli, presidente della società – il calcio era ed è una delle poche cose che unisce e ci fa tornare a vivere». Gli fa eco Walter Boccolini, vigile urbano e allenatore della squadra: «Il calcio è servito a tutti, me compreso, come valvola di sfogo», spiega tradendo nella voce spezzata grande emozione. Un’emozione cui si uniscono le parole del direttore sportivo Alessandro Vergari: «Venire agli allenamenti, fare e disfare la borsa, impegnarsi per la partita… Sembrano azioni banali, ma sono servite a cancellare la paura». E a ridare un po’ di speranza a un’intera comunità.